La comproprietà di un bene, da parte di tre o quattro proprietari è già un condominio e quindi si seguono le regole fissate per la gestione di un condominio.
Non è esattamente così, occorrerà fare qualche distinguo:
Quote di partecipazione
Nella comunione le quote di partecipazione si presumono uguali, salva diversa disposizione del titolo.
Ciò vuol dire che se ci sono due proprietari ognuno sarà titolare di una quota che rappresenta il 50% della proprietà, se sono quattro il 25% e così via.
Nel condominio, invece, il diritto di ogni comproprietario sulle cose comuni è il frutto un rapporto di proporzione tra l’unità immobiliare di proprietà esclusiva e le cose comuni.
Tale rapporto di vale viene espresso in millesimi contenuti nelle così dette tabelle millesimali.
Solamente un diverso accordo può portare ad una diversa valutazione del valore delle proprietà esclusive rispetto alle parti condominiali.
Sostanzialmente, quindi, l’esatto contrario rispetto alla comunione.
Ripartizione delle spese
Nella comunione, salvo patto contrario, i comunisti saranno tenuti a partecipare in modo uguale alle spese necessarie alla conservazione della cosa comune, laddove, invece, è risaputo, nel condominio la suddivisione in parti uguali è prevista solo in caso d’accordo tra tutte le parti cosicché in assenza di esso i costi dovranno essere ripartiti sulla base dei millesimi di proprietà.
Obbligazioni condominiali e per la comunione
Nel caso di comunione vige il principio di solidarietà (ognuno può pagare per tutti salvo rivalsa) mentre nel caso del condominio, le Sezioni Unite della Cassazione (n. 9148/08) hanno escluso la solidarietà delle obbligazioni in favore della parziarietà delle stesse (cioè ognuno paga per sé).
Amministratore
Nella comunione la nomina dell’amministratore è sempre facoltativa, nel caso del condominio, invece, è obbligatoria se i proprietari delle unità immobiliari sono più di quattro (art. 1129 c.c.)