Condanna per diffamazione per gli amministratori che comunicano pubblicamente i nomi di chi è in ritardo con le bollette.
Uno dei condomini, Rosario G., lo aveva denunciato per offesa alla reputazione anche perché una parte della mora che lo riguardava era attribuibile al precedente inquilino mentre lui, più volte, aveva anche sollecitato l'amministratore per fare chiarezza sulla sua parte di debito. Ad avviso di Rosario G., quel comunicato affisso all'ascensore aveva l'evidente intento «di sottoporre ad una "pubblica gogna" coloro che non avevano pagato le quote». Sia il Giudice di Pace di Messina, che il Tribunale - con verdetto del 21 gennaio 2011 - gli avevano dato ragione.
Lo stesso è avvenuto in Cassazione che ha ricordato: «integra il delitto di diffamazione il comunicato con il quale alcuni condomini siano indicati come morosi nel pagamento delle quote condominiali e vengano conseguentemente esclusi dalla fruizione di alcuni servizi, qualora esso sia affisso in un luogo accessibile, non già ai soli condomini dell'edificio per i quali può sussistere un interesse giuridicamente apprezzabile alla conoscenza di tali fatti, ma ad un numero indeterminato di altri soggetti».
La sentenza. La Suprema Corte, con la sentenza 4364, ha così respinto il ricorso dell'amministratore avvertendolo che avrebbe fatto meglio a «calibrare il contenuto dell'informazione a tale esigenza (di maggior riservatezza) evitando di menzionare anche l'identità dei condomini morosi».
ROMA - Scatta la condanna per diffamazione a carico degli amministratori condominiali che nell'androne del palazzo - ossia in luoghi accessibili a chiunque - affiggono un comunicato dove fanno il nome degli inquilini in ritardo con il pagamento delle bollette per sollecitarne il saldo e avvertire che altrimenti saranno sospese le erogazioni di servizi fondamentali, come la distribuzione dell'acqua. Lo sottolinea la Cassazione, confermando il verdetto di colpevolezza per Pietro A., amministratore di un condominio di Messina. L'uomo aveva affisso sulla porta dell'ascensore, all'ingresso del palazzo, l'elenco dei morosi avvisando che, se entro due giorni non avessero provvisto al saldo, la società municipalizzata erogatrice del servizio idrico li avrebbe lasciati all'asciutto. Uno dei condomini, Rosario G., lo aveva denunciato per offesa alla reputazione anche perché una parte della mora che lo riguardava era attribuibile al precedente inquilino mentre lui, più volte, aveva anche sollecitato l'amministratore per fare chiarezza sulla sua parte di debito. Ad avviso di Rosario G., quel comunicato affisso all'ascensore aveva l'evidente intento «di sottoporre ad una "pubblica gogna" coloro che non avevano pagato le quote». Sia il Giudice di Pace di Messina, che il Tribunale - con verdetto del 21 gennaio 2011 - gli avevano dato ragione.
Lo stesso è avvenuto in Cassazione che ha ricordato: «integra il delitto di diffamazione il comunicato con il quale alcuni condomini siano indicati come morosi nel pagamento delle quote condominiali e vengano conseguentemente esclusi dalla fruizione di alcuni servizi, qualora esso sia affisso in un luogo accessibile, non già ai soli condomini dell'edificio per i quali può sussistere un interesse giuridicamente apprezzabile alla conoscenza di tali fatti, ma ad un numero indeterminato di altri soggetti».
La sentenza. La Suprema Corte, con la sentenza 4364, ha così respinto il ricorso dell'amministratore avvertendolo che avrebbe fatto meglio a «calibrare il contenuto dell'informazione a tale esigenza (di maggior riservatezza) evitando di menzionare anche l'identità dei condomini morosi».