Cassazione Penale, Sezione III, 17.1.2007, n. 18046
In caso di reato urbanistico, anche l'esaurimento della condotta criminosa, attraverso l'ultimazione dell'immobile abusivo, non esclude il pericolo che la libera disponibilità del medesimo possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato stesso, atteso che tali conseguenze vanno identificate con ogni lesione del bene strumentale o finale tutelato dalla norma. Ciò significa che può essere sottoposto a sequestro preventivo anche un immobile abusivo ultimato, nel caso in cui la sua libera utilizzazione possa aggravare il c.d. carico urbanistico o comunque protrarre la lesione dell'assetto urbanistico.
Svolgimento del processo e motivi della decisione
1 - Con ordinanza del 18.8.2006 il tribunale di Siracusa, decidendo sulla istanza di riesame presentata da G.A., ha annullato il decreto del 26.6.2006 con cui il g.i.p. dello stesso tribunale aveva disposto il sequestro preventivo di un immobile realizzato in (OMISSIS) dallo stesso A. e da G. L., indagati per il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b) (per aver costruito l'immobile in difformità essenziale dalla concessione edilizia) e per il reato di cui all'art. 483 c.p. (per aver attestato falsamente nella domanda di condono edilizio che le opere abusive erano ultimate il 31.12.2002).
Ha osservato il tribunale che l'immobile era comunque ultimato da tempo, sicchè non era ipotizzabile che la libera disponibilità del medesimo potesse aggravare o protrarre le conseguenze del reato urbanistico. Inoltre, il sequestro era ininfluente anche in ordine alle conseguenze del delitto di falso.
2 - Il Pubblico Ministero presso il tribunale ha proposto ricorso per Cassazione, deducendo erronea interpretazione dell'art. 321 c.p.p..
Sostiene che secondo la corrente giurisprudenza di questa corte suprema è legittimo il sequestro preventivo di un immobile abusivo già ultimato, giacchè la sua libera disponibilità può aggravare il carico urbanistico e quindi la lesione del bene tutelato dalla norma incriminatrice.
3 - Il difensore di G.A. ha depositato il 29.12.2006 e il 10.1.2007 due articolate memorie scritte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
In breve, sostiene che è erronea la tesi, avanzata dal pubblico ministero ricorrente, secondo cui il sequestro preventivo era legittimato dalla necessità di evitare che gli indagati potessero godere economicamente dell'immobile abusivo o di evitare l'aggravio del carico urbanistico. Aggiunge che, essendo stata presentata domanda di condono edilizio ai sensi della L. n. 326 del 2006, art. 32 doveva ritenersi perfezionata la sanatoria tacita dell'abuso edilizio. G.A. ha poi personalmente presentato una ulteriore memoria, depositata il 5.1.2007, nella quale deduce che: a) comunque non era stato concretamente accertato l'asserito maggior carico urbanistico; b) essendo stata presentata istanza di condono edilizio ai sensi della citata L. n. 326 del 2003, art. 32, doveva ritenersi perfezionata la sanatoria tacita dell'abuso, o comunque doveva sospendersi il processo; c) la coindagata G.L. non aveva ricevuto l'informazione di garanzia ai sensi dell'art. 369 c.p.p. e, dopo essere stata invitata a rendere l'interrogatorio ex art. 416 c.p.p., aveva provveduto a nominare come difensore di fiducia l'avv. Federico Italia, al quale non era stato notificato l'avviso per la trattazione del presente procedimento cautelare in sede di legittimità. 4 - In via preliminare vanno disattese le prospettate eccezioni processuali. Le sezioni unite di questa corte hanno correttamente statuito che "non è legittimato a prender parte ai gradi ulteriori del procedimento, nè a presentare memorie, il soggetto che non abbia partecipato a quelli precedenti, non potendo il rapporto processuale includere soggetti nuovi nella sua evoluzione da un grado all'altro" (sent. n. 23271 del 26.4.2004, Corsi, rv. 227729). Ovvio corollario di questo principio è che il soggetto non legittimato a partecipare al procedimento non ha diritto a ricevere il relativo avviso.
Per conseguenza, nel caso di specie, la coindagata G.L., non avendo proposto istanza di riesame contro il sequestro preventivo disposto dal g.i.p., non aveva diritto a essere avvisata (neppure attraverso il suo difensore) della udienza fissata per la trattazione davanti a questa corte del ricorso proposto dal pubblico ministero contro l'ordinanza del giudice del riesame che quel sequestro aveva annullato.
Al riguardo, non è esatto affermare - come accenna incidentalmente la citata memoria del 5.1.2007 - che il ricorso del pubblico ministero è stato presentato anche contro G.L., posto che il ricorrente ha solo premesso che il procedimento principale pendeva a carico di A. e G.L., ma si è limitato a impugnare oggettivamente (senza alcuna specificazione soggettiva) il provvedimento del tribunale che aveva accolto l'istanza di riesame proposta da G.A..
Contro questa conclusione non sarebbe pertinente invocare l'effetto estensivo della impugnazione di cui all'art. 587 c.p.p.. Senza affrontare ex professo il complesso tema degli effetti estensivi delle impugnazioni cautelari, basta in questa sede osservare, da una parte, che l'istanza di riesame proposta dal solo G.A. ha giovato anche alla coindagata nel senso che la decisione di annullamento del sequestro si è estesa (doveva estendersi) anche a favore di G.L. (cd. estensione della decisione); e dall'altra, che il ricorso del pubblico ministero contro l'annullamento non può cagionare alcun effetto estensivo, essendo questo ontologicamente limitato alle impugnazioni proposte da imputati (o indagati) con risultati favorevoli verso gli altri imputati (o indagati) non impugnanti (manca quindi il presupposto per la cd. estensione della impugnazione). Com'è evidente, quindi, nè per un verso nè per l'altro può configurarsi una legittimazione processuale di G.L. a partecipare al presente procedimento: infatti, se nessun effetto estensivo a suo favore può avere il ricorso del pubblico ministero, anche l'estensione sostanziale a suo favore della precedente decisione di annullamento non l'abilita a partecipare processualmente agli ulteriori gradi del giudizio, dal momento che non ha partecipato ai gradi precedenti.
Ulteriore conseguenza di questa prospettazione è che, a prescindere dalla sua fondatezza, non può esaminarsi in questa sede l'eccezione di nullità del procedimento principale per l'asserita mancanza di informazione di garanzia alla stessa G.L..
5 - In ordine alla domanda di condono edilizio, peraltro meramente asserita, è noto che - per costante giurisprudenza di questa corte - sino a che non intervenga l'effetto estintivo dell'oblazione o il perfezionamento della sanatoria tacita, essa non impedisce l'adozione e la conferma del sequestro preventivo sull'immobile abusivo, volto com'è a impedire che la libera disponibilità dell'immobile stesso possa protrarre o aggravare le conseguenze del reato. Per la stessa ragione, la domanda di condono, sebbene imponga la sospensione del processo principale, non ha alcun influenza sul procedimento cautelare (ex plurimis Cass. Sez. 3^, n. 18496 del 13.4.2005, Liguoti, rv. 231641; Cass. Sez. 3^, n. 1996 del 26.5.1995, Simonini).
Nel caso di specie, non risulta che siano maturate le condizioni richieste dalla L. 24 novembre 2003, n. 326, art. 32, comma 37 per la sanatoria tacita dell'abuso edilizio.
6 - Quanto al merito del ricorso proposto dal Pubblico Ministero, esso è fondato e va accolto. Infatti, è ormai consolidata la giurisprudenza di legittimità secondo cui, in caso di reato urbanistico, anche l'esaurimento della condotta criminosa, attraverso la ultimazione dell'immobile abusivo, non esclude il pericolo che la libera disponibilità del medesimo possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato stesso, atteso che tali conseguenze vanno identificate con ogni lesione del bene strumentale o finale tutelato dalla norma. Ciò significa che può essere sottoposto a sequestro preventivo anche un immobile abusivo ultimato, nel caso in cui la sua libera utilizzazione possa aggravare il cd. carico urbanistico o comunque protrarre la lesione dell'assetto urbanistico. (V. per tutte Sez. Un. n. 12878 del 29.1.2003, Innocenti, rv. 223722).
Nel caso di specie il tribunale del riesame ha erroneamente interpretato e applicato l'art. 321 c.p.p., laddove ha annullato il sequestro sol perchè l'immobile era da tempo ultimato, senza accertare se la libera disponibilità dello stesso potesse aggravare il carico urbanistico (cosa ben possibile, se si considera che le costruzioni difformi dalla concessione edilizia comprendevano un quarto piano nella palazzina D e la chiusura di una porzione del portico del pian terreno).
La ordinanza impugnata va quindi annullata con rinvio al giudice a quo per un nuovo esame della regiudicanda alla luce del principio su esposto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Siracusa per nuovo esame.
Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2007.
Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2007