Comunque a Milano ci anticipano sempre per quanto riguarda i nuovi trend
Le case costano troppo
«E io vivo in un ex negozio»
Oltre duecento le abitazioni «ricavate» dietro le saracinesche: costano il 30 per cento in meno
MILANO - Francesca, 9 anni, non la cambierebbe con il castello delle principesse. Nessuna delle sue amiche ha una casa così: «Che ci entri dalla strada con la bici, che sei subito fuori, senza scale, ascensore, portone». Via Balbo angolo Vignola, zona Bocconi: era una carrozzeria l’appartamento in cui Francesca vive con sua madre, nel 2004 la ristrutturazione. A Milano sono ormai duecento le case-bottega, abitazioni realizzate in ex negozi, laboratori e officine. La saracinesca si abbassa per la crisi e si rialza per accogliere una città affamata di spazi da abitare. «In pochi anni sono scomparsi migliaia di negozi di vicinato e il piano terra della città ha cambiato repentinamente natura — osserva l’architetto Giovanni La Varra, docente di Composizione e progettazione urbana al Politecnico —. I vecchi negozi sono una risorsa per studenti e giovani coppie, senza consumare nuovo suolo».
Per trasformarli in appartamenti può bastare una tenda, fanno così gli immigrati di via Padova: i vetri oscurati nascondono locali (pochi) che ospitano intere famiglie, sono le vetrine buie di giorno e accese di notte. Ma nei quartieri più centrali i negozi da abitare li cercano anche professionisti e famiglie. Era successo con i loft negli anni Novanta, adesso gli spazi da conquistare sono questi. Perché sono gli unici disponibili, in molte zone. E anche perché costano almeno il 30 per cento in meno.
In via Scaldasole, dietro corso di Porta Ticinese, nelle due vetrine su strada all’angolo con via Arena vive una coppia di romeni con due bimbi, lei contabile, lui muratore. Dietro una tenda giallo ocra il bilocale di questa famiglia, che abita qui da cinque anni. Lei dice che «il problema è la serranda da alzare ogni mattina. Troppo pesante per me, deve farlo mio marito. E poi non c’è intimità. Però è silenzioso, qui non c’è passaggio di auto».
I milanesi, in dialetto, la chiamavano clèr, la saracinesca. È il particolare che fa la differenza fra le case bottega. Chi non può spendere la tiene com’è. Chi può la sostituisce con vetro antisfondamento e grate. Basta una Dia in Comune per cambiare la destinazione d’uso di questi spazi dismessi. Ma in alcune zone non si può fare, perché non c’è «residenza residua ». E allora? «Si ristruttura lo stesso, resta un negozio sulla carta, ma diventa una casa. Il Comune cosa dice? C’è tolleranza», suggerisce un agente immobiliare.
In centro ci sono ristrutturazioni «firmate», ricercate quasi quanto gli attici. C’è via Trebbia 22, zona Porta Romana. Era lo show room dell’azienda di famiglia (le pelletterie Fontana), da sette anni in questi duecento metri soppalcati Paolo Massa ci vive con la sua compagna e quattro figli, «più cane, quattro gatti e undici carpe. C’è spazio, la sera mettiamo dentro anche moto e bici. E mi piace questo stile di vita. Avrei voluto vivere in campagna, questa è lo soluzione in città che più ci assomiglia: gli amici arrivano senza chiamare, se la saracinesca è su, ci siamo. L’altra sera per Bayern-Inter qui è stata una festa, fra casa e marciapiede ».
Nuovi spazi, nuovi modi di vivere. Cambierà così il piano terra della città? «Milano è porosa. Centinaia di negozi vuoti e migliaia di metri quadrati non più utilizzati possono anche ospitare un nuovo programma di residenza a basso costo, agevolata, in affitto, per dare casa alla generazione mille euro—è la proposta dell’architetto La Varra —. Ed è anche una soluzione per rendere la città sicura e abitabile perché presidiata».
Federica Cavadini
28 maggio 2010