Buona giornata a tutti.
Nell’anno 2010 ho acquistato la mia “prima casa”, collocata in un edificio di 10 piani contraddistinto da:
- due distinte amministrazioni condominiali per altrettante scale interne;
- dieci piani per ciascuna delle due scale;
- due distinti ascensori;
- due appartamenti per ciascun piano dei due condomìni;
- impianti d’illuminazione, riscaldamento, ecc. anch’essi distinti per condominio;
- un appartamento a piano terra rientrante nelle cosiddette “parti comuni”, già adibito in passato ad abitazione del portiere ed ora a sala-riunioni e quant’altro.
Dopo qualche anno dall’avvenuto acquisto rilevo che, oltre all’Amministratore condominiale, esiste anche una finca denominata “Amministr. parti comuni”. Infatti, nell'annuale conto consuntivo che mi riguarda, in detta colonna sono evidenziati crediti o debiti ripartiti, nell'analisi, fra i vari Condòmini.
Di tanto ho avuto recentissima ed incidentale conferma scritta dal nostro stesso Amministratore condominiale il quale, da me consigliato a mezzo e-mail ad indire un’assemblea unitaria delle due scale (essendo amministratore di entrambi i condomini) onde dirimere su questioni attinenti le modalità di conferimento dei rifiuti condominiali, ha dichiarato la propria specifica incompetenza e di aver quindi girato detta richiesta all’”Amministratore delle parti comuni”, in quanto, a suo dire, unico abilitato a procedere in tal senso.
Di tale figura, in verità, non esiste formale traccia nel vigente Regolamento Condominiale.
Inoltre, ignoro se la sua eventuale istituzione e relative nomine siano avvenute con delibera successiva all'adozione del suddetto Regolamento Condominiale oppure in epoca antecedente al mio ingresso. Sta di fatto che in cinque anni “da proprietario” non ho mai preso atto o approvato un qualsiasi documento di natura gestionale debitamente sottoscritto dall’”amministratore delle parti comuni”.
Orbene, sorvolando sulle conseguenziali e scontate considerazioni del tipo “c’è del marcio in Danimarca” ed appellandomi al vostro specifico sapere, buon senso e soprattutto francescana pazienza, chiedo se un’eventuale delibera di nomina comunque adottata dall’Assemblea in epoca anteriore all’avvento della Legge 11 dicembre 2012 , n. 220, possa essere ancora ritenuta legittima, e quindi sopravvivere “per usucapione” (...), alla luce delle vigenti disposizioni di legge che ammettono la figura dell’”Amministratore parti comuni” esclusivamente nei cosiddetti “supercondomìni” che, com’è noto, devono essere composti da più di sessanta Condòmini e mai di meno (a differenza del caso in esame in cui i due condomìni sono costituiti, complessivamente, solamente da quaranta Condòmini).
Pertanto, ove le mie perplessità fossero anche da voi condivise, gradirei acquisire “graditissimi” suggerimenti circa gli opportuni atteggiamenti d'assumere onde non trovarmi un bel giorno in “brache di tela” o, più prosaicamente, “cornuto e mazzolato”.
Con vivissimi ringraziamenti.
Nell’anno 2010 ho acquistato la mia “prima casa”, collocata in un edificio di 10 piani contraddistinto da:
- due distinte amministrazioni condominiali per altrettante scale interne;
- dieci piani per ciascuna delle due scale;
- due distinti ascensori;
- due appartamenti per ciascun piano dei due condomìni;
- impianti d’illuminazione, riscaldamento, ecc. anch’essi distinti per condominio;
- un appartamento a piano terra rientrante nelle cosiddette “parti comuni”, già adibito in passato ad abitazione del portiere ed ora a sala-riunioni e quant’altro.
Dopo qualche anno dall’avvenuto acquisto rilevo che, oltre all’Amministratore condominiale, esiste anche una finca denominata “Amministr. parti comuni”. Infatti, nell'annuale conto consuntivo che mi riguarda, in detta colonna sono evidenziati crediti o debiti ripartiti, nell'analisi, fra i vari Condòmini.
Di tanto ho avuto recentissima ed incidentale conferma scritta dal nostro stesso Amministratore condominiale il quale, da me consigliato a mezzo e-mail ad indire un’assemblea unitaria delle due scale (essendo amministratore di entrambi i condomini) onde dirimere su questioni attinenti le modalità di conferimento dei rifiuti condominiali, ha dichiarato la propria specifica incompetenza e di aver quindi girato detta richiesta all’”Amministratore delle parti comuni”, in quanto, a suo dire, unico abilitato a procedere in tal senso.
Di tale figura, in verità, non esiste formale traccia nel vigente Regolamento Condominiale.
Inoltre, ignoro se la sua eventuale istituzione e relative nomine siano avvenute con delibera successiva all'adozione del suddetto Regolamento Condominiale oppure in epoca antecedente al mio ingresso. Sta di fatto che in cinque anni “da proprietario” non ho mai preso atto o approvato un qualsiasi documento di natura gestionale debitamente sottoscritto dall’”amministratore delle parti comuni”.
Orbene, sorvolando sulle conseguenziali e scontate considerazioni del tipo “c’è del marcio in Danimarca” ed appellandomi al vostro specifico sapere, buon senso e soprattutto francescana pazienza, chiedo se un’eventuale delibera di nomina comunque adottata dall’Assemblea in epoca anteriore all’avvento della Legge 11 dicembre 2012 , n. 220, possa essere ancora ritenuta legittima, e quindi sopravvivere “per usucapione” (...), alla luce delle vigenti disposizioni di legge che ammettono la figura dell’”Amministratore parti comuni” esclusivamente nei cosiddetti “supercondomìni” che, com’è noto, devono essere composti da più di sessanta Condòmini e mai di meno (a differenza del caso in esame in cui i due condomìni sono costituiti, complessivamente, solamente da quaranta Condòmini).
Pertanto, ove le mie perplessità fossero anche da voi condivise, gradirei acquisire “graditissimi” suggerimenti circa gli opportuni atteggiamenti d'assumere onde non trovarmi un bel giorno in “brache di tela” o, più prosaicamente, “cornuto e mazzolato”.
Con vivissimi ringraziamenti.