Affitti in nero: il Tribunale di Napoli rinvia alla Corte Costituzionale anche la nuova legge che proroga fino al 31.12.2015 i contratti imposti da Agenzia Entrate (fonte: articolo)
Studiolegaledauria.net - 17.07.2014. Come era prevedibile (e come infatti - per quanto può valere - il sottoscritto aveva previsto: vedi l'articolo) il Tribunale (di Napoli) ha deciso che verrà sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale anche la recentissima normativa approvata in fretta e furia per porre “rimedio” alle conseguenze venutesi a creare dopo la dichiarazione di incostituzionalità dell'art. 3, commi 8 e 9 D. Lgs 23/2011, la quale aveva previsto canoni bassissimi di locazione più un contratto 4 + 4 per chi denunciava di essere vittima di affitto in nero.
La questione è nota, ma va forse riassunta.
Insomma, una confusione totale, che non risolve ne' il problema dei proprietari ne' quello dei conduttori.
Come prevedibile, conordinanza n. 195 del 9 luglio 2014, laCorte Costituzionaleha quindi restituito al Giudice di provenienza gli atti relativi a due ordinanze di rimessione già pendenti innanzi alla Corte medesima; tali ordinanze (provenienti dal Tribunale di Napoli) riguardavano il vecchioart. 3 del D. Lgs. 23/2011, che nel frattempo era stato già dichiarato incostituzionale; la Corte però ha chiesto al Tribunale di Napoli se - dopo l'introduzione della nuovaL. 80/2013che ne ha in parte reintrodotto gli effetti - il dubbio diincostituzionalitàsia ancora permanente e se la risoluzione di esso sia necessario per la decisione della cause in corso.
Il cerchio si chiude con l'ordinanza, emessa il 18 giugno 2014 dalTribunale di Napolie resa nota ieri (qui la fonte) con cui il Giudice rinvia all'esame dellaConsultaanche il testo della nuova legge di proroga, confermando quindi tutti i rilievi già sollevati con riguardo alla vecchia normativa già dichiarata incostituzionale ed aggiungendo nuovi motivi di incostituzionalità; in particolare, il Tribunale individua i seguenti motivi di contrasto con la carta costituzionale:
-1) Contrasto con l'art. 136: “la norma di cui all’art. 5, comma 1 ter, appare, anzitutto, confliggente con l’art. 136 Cost., avendo (di nuovo) introdotto nell’ordinamento giuridico una disposizione legislativa oggetto di dichiarazione d’incostituzionalità, per eccesso di delega, con la citata sentenza della Corte Cost. n. 50 depositata nel marzo 2014”.
Sotto questo profilo, la norma è chiaramente riproduttiva di quella oggetto della dichiarazione d’incostituzionalità, essendo volta a spiegare la propria forza di legge a situazioni non ancora verificatesi.
-2) Sempre secondo il Giudice del rinvio, la norma di cui al comma 1 ter è in contrasto anche con l’art. 3 Cost.
-3) Infine Il comma 1 ter confliggerebbe altresì con l’art. 42, comma 2°, Cost.,secondo cui “la proprietà privata è garantita e riconosciuta dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurare la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”.
L'ordinanza (il cui testo integrale è possibile leggere al link già indicato oppure è possibile scaricareQUI) approfondisce ulteriormente tutte le questioni, ma il succo resta cheil Legislatore ha voluto reintrodurre una normativa ormai dichiarata incostituzionale appena poche settimane prima;ma ciò, per le ragioni individuate dal Tribunale di Napoli e per altre che saranno (sicuramente) indicate da altri Tribunali, non era possibile, o almeno andava fatto in maniera diversa ed organica, con un complessivo disegno che eliminassedavveroi profili di incostituzionalità indicati dagli svariati Tribunali che in tutta Italia avevano rimesso gli atti alla Corte. In qualche modo la Corte era andata incontro a tale esigenza, limitandosi a sanzionare la disciplina previgente solo per l'eccesso di delega, senza entrare nel merito;in tal modo al Legislatore era stata data la possibilità di rimediare in maniera accettabile. Occasione che - a quanto pare - è andata sprecata.
Avv. Michele D'Auria - Consulenza legale online e on site
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Studiolegaledauria.net - 17.07.2014. Come era prevedibile (e come infatti - per quanto può valere - il sottoscritto aveva previsto: vedi l'articolo) il Tribunale (di Napoli) ha deciso che verrà sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale anche la recentissima normativa approvata in fretta e furia per porre “rimedio” alle conseguenze venutesi a creare dopo la dichiarazione di incostituzionalità dell'art. 3, commi 8 e 9 D. Lgs 23/2011, la quale aveva previsto canoni bassissimi di locazione più un contratto 4 + 4 per chi denunciava di essere vittima di affitto in nero.
La questione è nota, ma va forse riassunta.
- Con il citato art. 3 del D. Lgs. 23/2011, ai commi 8 e 9 il Legislatore emanava una serie di norme volte a favorire l'emersione degli affitti in nero. L'intenzione, in astratto nobile e condivisibile, si scontrava fin da subito - però - con un testo draconiano, scritto male e interpretato ancora peggio dall'Agenzia delle Entrate per cui, nella pratica, si rendevano possibili con estrema facilità una serie di abusi, ricatti, veri e propri raggiri che rischiavano di mettere anche il proprietario scrupoloso ed onesto in seri problemi, nonostante avesse provveduto a registrare regolarmente il contratto di locazione (ne ho parlato - fin da subito - QUA ).
- Tale normativa è stata alla fine dichiarataincostituzionalecon lasentenza n. 50/2014depositata il 14 marzo 2014 (ho dato la notizia QUA).
- Appena due mesi dopo viene però approvata laL. 80/2013che convertendo in legge ilD.L. 47/2014reintroduce alcuni degli effetti della normativa che è appena stata dichiarataincostituzionale; in particolare,vengono fatti salvi fino alla data del 31 dicembre 2015gli effetti dei contratti già imposti d'imperio dall'Agenzia delle Entratein seguito alle denunce presentate prima della dichiarazione di incostituzionalità.
- Anche tale normativa, emessa peraltro in fretta e furia, presta il fianco a numerose critiche che fin da subito la candidano autorevolmente ad una nuova pronuncia diincostituzionalità; tra l'altro resta irrisolto il problema dei canoni contrattuali dovuti dopo il31 dicembre 2015che, considerata laretroattivitàdella sentenza, sarebbero semplicemente non esigibili fino a tale data,ma esigibili nuovamente (insieme a tutti gli arretrati) a partire dal primo gennaio 2016(problema sollevato QUA)
Insomma, una confusione totale, che non risolve ne' il problema dei proprietari ne' quello dei conduttori.
Come prevedibile, conordinanza n. 195 del 9 luglio 2014, laCorte Costituzionaleha quindi restituito al Giudice di provenienza gli atti relativi a due ordinanze di rimessione già pendenti innanzi alla Corte medesima; tali ordinanze (provenienti dal Tribunale di Napoli) riguardavano il vecchioart. 3 del D. Lgs. 23/2011, che nel frattempo era stato già dichiarato incostituzionale; la Corte però ha chiesto al Tribunale di Napoli se - dopo l'introduzione della nuovaL. 80/2013che ne ha in parte reintrodotto gli effetti - il dubbio diincostituzionalitàsia ancora permanente e se la risoluzione di esso sia necessario per la decisione della cause in corso.
Il cerchio si chiude con l'ordinanza, emessa il 18 giugno 2014 dalTribunale di Napolie resa nota ieri (qui la fonte) con cui il Giudice rinvia all'esame dellaConsultaanche il testo della nuova legge di proroga, confermando quindi tutti i rilievi già sollevati con riguardo alla vecchia normativa già dichiarata incostituzionale ed aggiungendo nuovi motivi di incostituzionalità; in particolare, il Tribunale individua i seguenti motivi di contrasto con la carta costituzionale:
-1) Contrasto con l'art. 136: “la norma di cui all’art. 5, comma 1 ter, appare, anzitutto, confliggente con l’art. 136 Cost., avendo (di nuovo) introdotto nell’ordinamento giuridico una disposizione legislativa oggetto di dichiarazione d’incostituzionalità, per eccesso di delega, con la citata sentenza della Corte Cost. n. 50 depositata nel marzo 2014”.
- Il legislatore - afferma l'ordinanza di rinvio - ha inteso “salvaguardare” gli effetti giuridici ed i rapporti sorti in applicazione delle norme, dichiarate incostituzionali, stabilendo un termine finale, al31 dicembre 2015.
- Ora, è evidente che, in tal modo, la norma in esame disciplinafattispecie futurein ordine alle quali giammai può trovare applicazione la tematica dei “diritti quesiti”.
Sotto questo profilo, la norma è chiaramente riproduttiva di quella oggetto della dichiarazione d’incostituzionalità, essendo volta a spiegare la propria forza di legge a situazioni non ancora verificatesi.
- A parte ciò ilTribunale di Napolirileva che “la tematica dei “diritti quesiti” e dei “rapporti consolidati” è stata invocata erroneamente, in ordine a questioni che, invece, ne sono ontologicamente estranee.”Infatti“nel caso concreto, non sussistono giudicati, né altri eventi cui l’ordinamento collega il consolidamento di rapporti giuridici.”
-2) Sempre secondo il Giudice del rinvio, la norma di cui al comma 1 ter è in contrasto anche con l’art. 3 Cost.
- “La disciplina “di salvaguardia” introdotta con la legge n. 80, con il limite temporale del31 dicembre 2015, ha determinato una sorta didiritto speciale, nel senso che a taluni rapporti contrattuali di locazione ad uso abitativo, ratione temporis, si applica la normativa di cui all’art. 3, commi 8° e 9°, del d.lgs. n.23/2011, che non può estendere la relativa efficacia oltre il suddetto limite, mentre agli altri rimane applicabile la normativa ordinaria”.
-3) Infine Il comma 1 ter confliggerebbe altresì con l’art. 42, comma 2°, Cost.,secondo cui “la proprietà privata è garantita e riconosciuta dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurare la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”.
- “Lafunzione socialedella proprietà” ricorda ilTribunale di Napoli“è l’unico parametro della limitazione del diritto di proprietà, sicché quest’ultimo non dovrebbe subire compressioni rilevanti ed irragionevoli finalizzate esclusivamente a soddisfare interessi del tutto esogeni al contenuto del diritto in questione, quantunque di rango costituzionale.
- Nel caso concreto, ricorre tale ipotesi, posto chel’applicazione della norma che predetermina l’importo del canone di locazione secondo i criteri ivi previsti (cd. “canone catastale”) non garantisce alcuna funzione sociale dell’immobile locale, ma integra, nella sostanza, un’imposizione contrattuale di carattere sanzionatorio per infedeltà fiscale”.
- Ciò, secondo il Tribunale di Napoli, è tanto più in contrasto col dettato costituzionale ove si ricordi che"l’interesse statuale a garantire l’osservanza delle norme tributarie è oggetto di piena tutela giuridica, attraverso le norme sanzionatorie vigenti in tema di accertamento e repressione dell’illecito fiscale”.
L'ordinanza (il cui testo integrale è possibile leggere al link già indicato oppure è possibile scaricareQUI) approfondisce ulteriormente tutte le questioni, ma il succo resta cheil Legislatore ha voluto reintrodurre una normativa ormai dichiarata incostituzionale appena poche settimane prima;ma ciò, per le ragioni individuate dal Tribunale di Napoli e per altre che saranno (sicuramente) indicate da altri Tribunali, non era possibile, o almeno andava fatto in maniera diversa ed organica, con un complessivo disegno che eliminassedavveroi profili di incostituzionalità indicati dagli svariati Tribunali che in tutta Italia avevano rimesso gli atti alla Corte. In qualche modo la Corte era andata incontro a tale esigenza, limitandosi a sanzionare la disciplina previgente solo per l'eccesso di delega, senza entrare nel merito;in tal modo al Legislatore era stata data la possibilità di rimediare in maniera accettabile. Occasione che - a quanto pare - è andata sprecata.
Avv. Michele D'Auria - Consulenza legale online e on site
http://www.studiolegaledauria.net/
La fonte del presente articolo è QUI