Come da mio intervento, ho specificato che l'uso delle parti comuni e in questo caso il sottotetto,
non può e non deve essere considerato come deposito di materiali inutilizzati dai condomini.
Premesso ciò, ho sottolineato l'errore sia da parte dei condomini che dell'amministratore di aver agito senza nessuna autorizzazione, nel senso che:
- i condomini hanno appofittato di uno spazio comune per depositare del mobilio privato senza autorizzazione e senza tener conto se il sottotetto avrebbe potuto tenere un carico simile.
- l'amministratore senza autorizzazione e di sua iniziativa ha fatto smaltire tutto ciò che il sottotetto conteneva, l'ha fatto in buona fede per scongiurare un pericolo di crollo del sottotetto? Voglio sperarlo, perchè comunque è da dimostrare e perchè pur sempre si trattava di
roba privata.
Come in tutte le cose, bastava un pò di buon senso da parte di tutti e di fare una semplice assemblea. Ora siccome lorettamasotti, non ha specificato se esiste o meno un regolamento di condominio che regola l'uso delle parti comuni, come già detto, bastava una semplice assemblea dove i condomini e l'amministraore si mettevano d'accordo sia sul l'uso del sottotetto che del suo sgombero, probabilmente questo non si sarebbe reso necessario in quanto i condomini avvisati dalla pericolosità
?
del sottotetto avrebbero tolto loro stessi le loro cose.
L’assemblea può imporre ad uno dei condomini di tenere un determinato comportamento in relazione alle cose comuni?
Tutti i condomini hanno diritto ad usare i beni comuni entro i seguenti limiti;
a) che il singolo utilizzo non rappresenti un limite per il parti diritto degli altri comproprietari;
b) che l’uso sia fatto in conformità alla destinazione del bene e/o della parte comune.
A stabilirlo l’art. 1102 c.c. destinato a disciplinare l’uso della cosa comune nell’ambito della comunione in generale ma applicabile altresì al condominio in virtù del richiamo a queste norme contenuto nell’art. 1139 c.c.
A confermare questa impostazione la Suprema Corte di Cassazione, secondo la quale, " il partecipante alla comunione può usare della cosa comune per un suo fine particolare, con la conseguente possibilità di ritrarre dal bene una utilità specifica aggiuntiva rispetto a quelle che vengono ricavate dagli altri, con il limite di non alterare la consistenza e la destinazione di esso, o di non impedire l'altrui pari uso. La nozione di pari uso della, cosa comune cui fa riferimento l'art. 1102 c.c. non va intesa nel senso di uso identico e contemporaneo, dovendo ritenersi conferita dalla legge a ciascun partecipante alla comunione la facoltà di trarre dalla cosa comune la più intensa utilizzazione, a condizione che questa sia compatibile con i diritti degli altri, essendo i rapporti condominiali informati al principio di solidarietà, il quale richiede un costante equilibrio fra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione” (Cass. 5 ottobre 2009, n. 21256).
Gli ermellini si spingono anche oltre affermando che “ qualora sia prevedibile che gli altri partecipanti alla comunione non faranno un pari uso della cosa comune la modifica apportata alla stessa dal condomino deve ritenersi legittima, dal momento che in una materia in cui è prevista la massima espansione dell'uso il limite al godimento di ciascuno dei condomini è dato dagli interessi altrui, i quali pertanto costituiscono impedimento alla modifica solo se sia ragionevole prevedere che i loro titolari possano volere accrescere il pari uso cui hanno diritto" (Cass., n. 5753 del 2007; Cass., n. 1499 del 1998)”(così Cass. 5 ottobre 2009, n. 21256).
Ciò detto è lecito domandarsi: l’assemblea dei condomini può disciplinare l’uso dei beni comuni?
La risposta alla domanda, che può sembrare banale, è positiva: rientra nei poteri dell’amministratore e dell’assemblea, tramite delibera o regolamento, disciplinare l’uso dei beni comuni in modo che sia garantito a tutti il loro miglior godimento.
Ciò detto è utile domandarsi: disciplinando l’uso delle cose comuni l’assemblea può imporre al condominio di comportarsi in un determinato modo? La risposta, anche qui, è positiva seppur con un limite: la limitazione all’uso si deve limitare ad essere una misura atta a garantire a tutti il miglior godimento e non solamente un mezzo per comprimere i diritti dei singoli sulle parti di proprietà comune. In tale ultimo caso la decisione assembleare sarebbe nulla.