Nel caso di recente deciso dalla Cassazione che sottopongo all'attenzione dei lettori purtroppo il pedone non ha ottenuto alcun risarcimento anzi....
Mentre il Tribunale di Melfi aveva accolto la domanda del pedone, nei confronti del Comune, che chiedeva il risarcimento dei danni causati da una caduta provocata dalla presenza di una pietra sconnessa a suo dire non visibile sul manto stradale la Corte di Appello di Potenza viceversa aveva riformato la sentenza di primo grado condannando l'attrice alle spese del doppio grado di giudizio.
La controversia per impulso del pedone approdava in Cassazione e veniva decisa dalla VI sezione con la sentenza del 16 marzo 2017 n. 6833.
Nel respingere il reclamo del malcapitato pedone la Corte rilevava tra l'altro che il giudice di merito aveva evidenziato nel decidere che la pietra era perfettamente visibile tenuto conto anche dell'ora diurna in cui era avvenuto il fatto.
Inoltre l'attrice era ben a conoscenza di tale situazione e che, in considerazione dei problemi di equilibrio dei quali soffriva a causa di una rigidità delle articolazioni, ella avrebbe dovuto tenere un comportamento idoneo ad evitare la caduta.
Questa motivazione che potrebbe sembrare a dir poco sconcertante trova ampio supporto nella giurisprudenza di legittimità concernente casi in cui si verteva sulla fattispecie ex art. 2051 c.c. che regola la responsabilità in caso di danno da cose in custodia.
E' richiesto al danneggiato la dimostrazione del nesso di causalità tra "la cosa in custodia ed il danno e che, ove la cosa in custodia sia di per sè statica e inerte, il danneggiato è tenuto a dimostrare altresì che lo stato dei luoghi presentava un'obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il danno (sentenza 5 febbraio 2013, n. 2660)".
Il ricorso è stato respinto, confermata la sentenza impugnata e il pedone condannato alla rifusione delle spese del giudizio.
studiolegaledevaleri@gmail.com
Mentre il Tribunale di Melfi aveva accolto la domanda del pedone, nei confronti del Comune, che chiedeva il risarcimento dei danni causati da una caduta provocata dalla presenza di una pietra sconnessa a suo dire non visibile sul manto stradale la Corte di Appello di Potenza viceversa aveva riformato la sentenza di primo grado condannando l'attrice alle spese del doppio grado di giudizio.
La controversia per impulso del pedone approdava in Cassazione e veniva decisa dalla VI sezione con la sentenza del 16 marzo 2017 n. 6833.
Nel respingere il reclamo del malcapitato pedone la Corte rilevava tra l'altro che il giudice di merito aveva evidenziato nel decidere che la pietra era perfettamente visibile tenuto conto anche dell'ora diurna in cui era avvenuto il fatto.
Inoltre l'attrice era ben a conoscenza di tale situazione e che, in considerazione dei problemi di equilibrio dei quali soffriva a causa di una rigidità delle articolazioni, ella avrebbe dovuto tenere un comportamento idoneo ad evitare la caduta.
Questa motivazione che potrebbe sembrare a dir poco sconcertante trova ampio supporto nella giurisprudenza di legittimità concernente casi in cui si verteva sulla fattispecie ex art. 2051 c.c. che regola la responsabilità in caso di danno da cose in custodia.
E' richiesto al danneggiato la dimostrazione del nesso di causalità tra "la cosa in custodia ed il danno e che, ove la cosa in custodia sia di per sè statica e inerte, il danneggiato è tenuto a dimostrare altresì che lo stato dei luoghi presentava un'obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il danno (sentenza 5 febbraio 2013, n. 2660)".
Il ricorso è stato respinto, confermata la sentenza impugnata e il pedone condannato alla rifusione delle spese del giudizio.
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