Estratto della domanda: Gli inquilini dell'ultimo piano dello stabile presso cui abito, hanno trasformato il sottotetto condominiale in unità abitativa di loro pertinenza, con il risultato che il loro immobile è aumentato di superfice e volume, senza mai informare l'Amministratore di tale iniziativa. Hanno anche praticato sul tetto tre lucernai. ..Da accertamenti catastali, solo per alcuni risulta tale innovazione, per altri invece no.
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Il problema principe pare essere che il condomino si sia impossessato abusivamente ed arbitrariamente di uno spazio condominiale. Evidentemente l'amministratore ( non necessita una delibera) dovrà attivarsi tramite un legale per ripristinare i diritti violati e riimettere
il sottotetto nella disponibilità del condominio. Per il costo bisognerà chiedere un preventivo ad un legale; gran parte dell'onorario farà carico al condomino che sicuramente soccomberà in giudizio.
Ammesso e non concesso che in fatto si lasci il sottotetto nella disponibilità del "prepotente" allego uno studio da cui ricavare preziosi spunti al riguardo: cordialità
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ARTICOLI SUI SOTTOTETTI
Osservazioni circa la legge n.15 del 15 luglio 1998
"recupero ai fini abitativi dei sottotetti esistenti" - Normativa esistente
Pubblicato su “Economia Immobiliare”, rivista di AICI Associazione Italiana Consulente e Gestori Immobiliari, n. 15 – Gennaio 1998
Riguardo alla ormai famosa L.R. n. 15 del 15 Luglio 1996 "Recupero ai fini abitativi dei sottotetti esistenti", della regione Lombardia, sarebbe forse opportuno fare luce su alcune implicazioni relative a questi interventi con particolare riferimento ai rapporti che si instaurano tra il proprietario del sottotetto ed il condominio. Purtroppo in più di una circostanza si è notato, da parte dei condomini e degli amministratori, una certa nebulosità di atteggiamento ed una scarsa conoscenza delle problematiche concernenti queste ristrutturazioni. Chiaramente, al di la delle implicazioni conseguenti alla citata L.R., le conclusioni possono essere generalizzate a molti altri casi.
Cercando di dare un ordine logico e sistematico, vediamo quali siano gli aspetti salienti.
- La proprietà dei sottotetti
La prima e più importante osservazione riguarda, anche se può apparire inusuale, la questione della proprietà dei locali sottotetto; questione non sempre ovvia.
Indubbiamente non si presentano problemi nei casi in cui i titoli di proprietà e il regolamento condominiale, a cui si fa riferimento negli atti di compravendita delle unità, indichino espressamente i sottotetti come parti comuni dell'edificio. Nel caso in cui non esista un titolo di proprietà per il sottotetto, bisogna comunque verificare il primo atto di compravendita che, iniziando il frazionamento dell'immobile, ha di fatto istituito il condominio, con annesso regolamento condominiale; entrambi, non solo non lo devono indicare tra le parti comuni, nemmeno per deduzione; ma anzi devono evidenziare una "chiara ed univoca volontà delle parti di riservare la proprietà del bene potenzialmente rientrante nell'ambito dei beni comuni ad uso dei condomini" (Sent. n. 4993 del 23 maggio 1994, Trib. Milano).
Qualora, al contrario, nulla venga indicato dai titoli o dal regolamento di condominio il sottotetto può essere presunto "parte comune" oppure essere considerato come pertinenza dell'appartamento dell'ultimo piano. "Il sottotetto di un edificio può considerarsi pertinenza dell'appartamento sito all'ultimo piano solo quando assolva all'esclusiva funzione di isolare e proteggere l'appartamento stesso dal caldo, dal freddo e dall'umidità mediante la creazione di una camera d'aria, non anche quando abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l'utilizzazione come vano autonomo (deposito stenditoio etc.): in quest'ultima ipotesi l'apparteneza deve essere determinata in base al titolo ed in mancanza, poichè il sottotetto non è compreso nel novero delle parti comuni dell'edificio essenziali per la sua esistenza o necessarie all'uso comune, la presunzione di comunione ex art. 1117 n.1 del c.c., si rende applicabile solo quando il sottotetto risulti oggettivamente destinato, anche soltanto in via potenziale, all'uso comune o all'esercizio di un uso comune" (Cassazione, sentenze: n. 11771 del 29 ottobre 1992). In tal senso anche: cassazione sentenze: n.1493 del 22 giugno 1961, n. 2886 del 13 ottobre 1961, n. 470 del 2 febbraio 1978, n. 4970 del 8 agosto 1986, n. 8040 del 8 agosto 1990, n. 5854 del 23 maggio 1991.
Il caso in cui non abbia potenzialità di uso diverso da semplice isolante ci interessa molto meno; si tratta di sottotetti genericamente bassissimi, spesso senza accesso indipendente che certo non possono soddisfare i requisiti della L.R. in oggetto.
Purtroppo resta da definire, esattamente, quando abbia la caratteristica "anche soltanto in via potenziale", di "uso comune".
Un breve inciso per quanto riguarda la proprietà del tetto: ai sensi dell'art. 1117 c.c. questo viene considerato proprietà comune, fatto salvo il patto contrario. Di conseguenza l'eventuale rifacimento della copertura non compete a chi intende beneficiare della citata L.R.; competendo a questi, semmai, il solo isolamento e quei lavori necessari per rendere abitabile il sottotetto.
Vedremo più oltre le possibilità che ha, il proprietario del sottotetto, di modificare il tetto e le parti comuni.
- Qualifica di condomino e tabella millesimale.
Più di una volta ho sentito sostenere che il proprietario del sottotetto non è condomino, specialmente se al sottotetto non competono millesimi.
Va preliminarmente fatto rilevare che condomino è chi vanta il diritto di proprietà esclusiva su una porzione dell'immobile, diritto che deve risultare da un "titolo", cioè da un contratto d'acquisto (o da una donazione, o successione ecc.), regolarmente registrato e trascritto e quindi opponibile a qualunque terzo.
Il diritto di proprietà esclusiva su una porzione dell'immobile non si identifica necessariamente con la proprietà di un appartamento, ufficio, negozio, etc., si può essere proprietario esclusivo del solo lastrico solare (per esempio per il diritto di sopralzo) o di un cortile, una cantina etc. (Cassazione, sent. n. 1300 del 21 maggio 1960). Va quindi ricordato l'art. 1118 del c.c. che al primo comma dispone: "Il diritto di ciascun condomino sulle cose indicate all'articolo precedente (1117 sulle parti comuni n.d.r.) è proporzionato al valore del piano o porzione di piano che gli appartiene, se il titolo non dispone altrimenti". L'art. 68 delle disposizioni di attuazione del c.c. infine dispone che il regolamento di condominio debba indicare il valore proporzionale spettante in proprietà esclusiva ai singoli condomini.
Ecco quindi che qualora al sottotetto, censito autonomamente, non competano dei millesimi, si presentano solo due possibili casi: il primo quando il sottotetto in questione sia stato precedentemente legato ad altra proprietà immobiliare; il secondo quando la mancanza di millesimi sia semplicemente frutto di un errore.
Qualora una unità immobiliare, suscettibile di frazionamento o di godimento separato, venga effettivamente separata, ad esempio, per una vendita, diviene necessario ripartire la quota millesimale unica in due quote millesimali che, evidentemente, sommate, diano come risultato il precedente valore. La suddivisione in due o più parti della quota millesimale, non comporta la revisione della tabella millesimale, in quanto non si verifica alcuna delle condizioni previste dall'art.. 69 delle disposizioni di attuazione del codice civile.
Per il secondo caso desidero fare riferimento all'art. 69 delle disposizioni di attuazione del c.c., che testualmente recita: "I valori proporzionali dei vari piani o porzioni di piano possono essere riveduti o modificati, anche nell'interesse di un solo condomino, nei seguenti casi: 1) quando risulta che sono conseguenza di un errore; 2) quando, per le mutate condizioni di una parte dell'edificio, in conseguenze della sopraelevazione di nuovi piani, di espropriazione parziale o di innovazioni di vasta portata, è notevolmente alterato il rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano." Con riguardo al punto 2 va rilevato che non rientrano in queste ipotesi le innovazioni o migliorie interne alle proprietà esclusive: tale rilievo è importante, perchè spesso la ristrutturazione dei sottotetti comporta da parte dei condomini la richiesta di revisione della tabella milesimale. Del resto l'ultimo comma dell'art. 68 delle disposizioni di attuazione dell c.c. esclude espressamente le migliorie realizzate all'interno delle proprietà.
Evidentemente qualora il sottotetto manchi della corrispondente quota millesimale, trattasi di errore tale da comportare la revisione dell'intera tabella.
Va inoltre sottolineato che la suddivisione delle quote di comproprietà debba essere fatta sulla base delle condizioni esistenti al momento della vendita/frazionamento. In altri termini se un sottotetto ha pochissimi millesimi di comproprietà perchè inabitabile con destinazione magazzino, questi non possono essere modificati od incrementati perchè si vuole ora ottenere una destinazione più nobile e di maggior valore. Diverso atteggiamento può essere assunto per le tabelle di ripartizione delle spese dato che l'utilizzazione di un sottotetto come abitazione, comporta un maggior uso di tutti i servizi condominiali (ascensore, acqua, scale etc).
Non è inutile ricordare un aspetto dei millesimi. I millesimi rappresentano la quota di comproprietà sulle parti comuni quindi aumentandoli aumenta il "patrimonio" del condomino; ma sugli stessi millesimi vengono calcolate le partecipazioni alle spese. Ecco quindi che in qualche caso il condominio richiede al proprietario del sottotetto, che intende procedere alla ristrutturazione, di aumentare la propria quota millesimale anche se ciò comporta una riduzione del "patrimonio" degli altri condomini.
- Il diritto di sopralzo
Sovente si fa riferimento al codice civile dicendo che per la ristrutturazione del sottotetto il condominio abbia diritto ad un indennizzo. Si indica, evidentemente, l'art.. 1127 che al 3° comma recita: "Chi fa la sopraelevazione deve corrispondere agli altri condomini un'indennità pari al valore attuale dell'area da occuparsi con la nuova fabbrica, diviso per il numero dei piani, ivi compreso quello da edificare, e detratto l'importo della quota a lui spettante." La trasformazione di sottotetti in mansarde abitabili, però, non realizza alcun nuovo piano; pertanto a tale opera non si applicano le norme sui sopralzi (Cassazione, sent. n. 680 del 24.1.1983).
Del resto, in caso di sopralzo, si acquista dal condominio una "area" che al momento non esisterebbe; applicare questo articolo alla ristrutturazione di un sottotetto che già ha un valore ed un proprietario, significa conteggiare due volte il valore della medesima area. Per esserci sopraelevazione di nuovi piani ci dovrebbe essere anche la creazione di un altro sottotetto sopra i piani realizzati. In tal senso anche: Cassazione sent. n. 1697 del 16 marzo 1982. Ritengo che sia difficile sostenere l'elevazione di nuovi piani; si tratta di passare da una destinazione spesso di C/2 (magazzino senza permanenza di persone o volume tecnico) a quella di cat. A (abitazioni); la stessa operazione è talvolta possibile anche per piani terra o, addirittura, per piani seminterrati ed interrati; anche in questo caso si ha sopralzo? Ancora, quando si sono presentate numerosissime domande di condono per sottotetti trasformati abusivamente in mansarde, si è mai verificato il caso di indennizzo al condominio ai sensi dell'art. 1127 c.c.? In effetti non mi sembra possa essere considerata "elevazione" un cambio di destinazione non dissimile da altre ipotesi con concessione a titolo oneroso.
A riprova comunque va detto che qualora un sottotetto venga trasformato in vani abitabili, ciò non comporta l'insorgere di alcun diritto negli altri condomini (né ad una indennità, né alla revisione della tabella millesimale di comproprietà), a nulla rilevando che le opere siano o non siano legittime nei confronti della pubblica amministrazione, in relazione agli strumenti urbanistici vigenti (Cassazione, sent. n. 1106 del 14.2.1980).
- Modificazioni al tetto ed alle parti comuni
Il proprietario del solaio o sottotetto può aprire nel tetto abbaini per dar luce e aria ai locali sottostanti, quando l'abbaino sia costruito a regola d'arte e non pregiudichi la funzione di copertura del tetto, né leda altrimenti il diritto degli altri condomini (Cassazione, sentt. n. 391 del 24.2.1964; e 2917 del 02-08-69). Al contrario è necessaria una deliberazione assembleare all'unanimità per realizzare l'apertura dei cosiddetti "terrazzi in tasca" realizzati rimuovendo parte della copertura. (Cass. sentt. n. 8777 del 26-10-94, n. 4579 del 13-07-81 e n. 3569 del 28-03-91). Del resto il condomino ha molte più possibilità di intervenire sulle parti comuni di quanto normalmente si pensi. L'art. 1102 c.c. consente al condomino una molteplicità di interventi che sarebbe lungo elencare anche solo a titolo di esempio; mi limiterò a tre aspetti che per i sottotetti potrebbero essere di maggiore rilevanza: installazione di autoclave per portare l'acqua fino all'ultimo piano (Cass. sent. n. 1911 del 23-02-87), apertura di accessi sul pianerottolo comune (Cass. sentt. n 2917 del 02-08-69, n. 2589 del 20-06-77, n. 843 del 10-02-81 e n. 312 del 24-01-85) e modifica dell'andamento del tetto (Cass. sent. n. 391 del 24-02-64). Ovviamente restano fermi i limiti imposti dall'art. 1120 c.c. relativi alla stabilità ed al decoro architettonico dell'edificio, quanto eventualmente disposto dal regolamento contrattuale e le norme riguardanti le vedute, le immissioni etc..
- Allacciamenti ai servizi condominiali
I problemi si potrebbero presentare quando si giunge agli allacciamenti ai servizi condominiali. Siamo nell'ambito dell'applicazione dell'art. 1102 c.c. secondo il quale il condomino può apportare qualsiasi miglioria alle parti comuni per ottenere il miglior godimento della cosa; ovviamente ciò non deve in alcun modo danneggiare il diritto degli altri condomini. Per esempio se la pressione dell'acqua è insufficiente per alimentare anche il piano sottotetto sarà necessario installare una nuova e più potente autoclave.
Inoltre vanno ricordate da un lato le prerogative di condomino che, come abbiamo visto, competono anche al proprietario del sottotetto; dall'altro che il pagamento degli oneri concessori prevede l'allacciamento ai servizi di acquedotto, fognatura etc. forniti dall'amministrazione comunale e dalle società competenti. Difficile ipotizzare che il condominio possa impedire l'accesso a questi servizi ad un condomino; potrà semmai addebitarne il costo di impianto al beneficiario (anche se in realtà la manutenzione delle "colonne" è condominiale ed il condomino dovrebbe pagare solo le opere dalla diramazione dalla colonna principale). Inoltre se, per esempio, l'ENEL o l'AEM, richiedono l'autorizzazione condominiale per procedere agli allacciamenti, in realtà, in difetto, spesso procedono ugualmente per motivi di "pubblica utilità", vista anche vista la liceità che un condomino installi tubi di acqua, luce, Gas e fognature che colleghino la sua unità ai servizi comunali nelle vie pubbliche (Cass. sent. n. 2816 del 05-06-78).
Per quanto riguarda poi gli eventuali lavori necessari in altre proprietà si potrebbe fare appello, per analogia, all'art. 843 c.c. che prevede obbligatoriamente la concessione dell'accesso al fondo per consentire l'effettuazione di riparazioni e manutenzioni (Si veda anche relativamente ai provvedimenti d'urgenza Pretura di Napoli sent. del 10-05-1957).
- Conclusioni
L'intento di questo breve scritto non è certo quello di mettere a disposizioni nuove e più affilate armi ai condomini che desiderano alimentare il numero dei contenziosi; si desidera semplicemente evitare che nelle annose trattative tra i proprietari dei sottotetti ed i condomini si dicano cose inesatte e si parta da presupposti sbagliati sostenendo ciò che non è. In definitiva anche se il condominio ha qualche possibilità di infastidire (sostenendo spese legali e giudiziarie spesso abnormi) il proprietario dei sottotetti nella sua opera di ristrutturazione, alla lunga questi riuscirà quasi certamente nel suo intento. Tanto meglio per tutti, quindi, se la trattativa nasce già sulla base di un rapporto di buon vicinato, evitando l'insorgere di attriti che potrebbero poi trascinarsi nei rapporti con il nuovo condomino, anche a lavori ultimati.
Si dovrebbe aggiungere che nella ristrutturazione di un sottotetto si pongono, per tutte le parti in causa, problemi, diciamo, strategici e diplomatici nettamente superiori ad una normale ristrutturazione; problemi che consigliano di operare con una certa accortezza.