Ad integrazione di quanto su indicato e a riprova della non necessità dell'atto pubblico, vedasi Corte di Cassazione (Sentenza n. 3819/15) secondo cui la rinuncia di quota di comproprietà, costituendo una donazione indiretta, non necessita di atto pubblico.
1. - Con scrittura privata in data 4 agosto 1968, M. A. ved. P. - proprietaria, per la metà, di un fabbricato sito in (OMISSIS), in catasto al foglio 23 particella 111 sub 1, rinunciava alla sua suddetta quota in favore dei propri figli F., S., E., Au. e Ma., comproprietari dell'altra metà. Con la stessa scrittura:
- P.F., S., E. ed Au. rinunciavano alle loro quote di comproprietà di un fondo rustico sito in località (OMISSIS) in favore di Pe.Ma.;
- Pe.Ma. rinunciava alla sua quota di comproprietà, nella consistenza derivante dalla rinuncia della madre, sulla suddetta casa di via (OMISSIS);
- P.F., S., E. ed Au. si obbligavano a "far abitare, a titolo gratuito, in vita natural durante, la loro madre M.A. in una stanza della casa" suddetta;
- tutte le parti si impegnavano "a tradurre la... scrittura in atto pubblico a richiesta di uno di essi";
- veniva stabilita una penale di L. 2.000.000 per il caso di inadempimento;
- si stabiliva che "qualora al Sig. Pe.Ma. dovesse derivare un diritto in forza di successione sulla casa di via (OMISSIS) ..., questo o i suoi aventi diritto dovranno rinunziarvi, previo equo corrispettivo, in favore di tutti coloro che già dispongono di una quota della predetta casa". Con successiva scrittura privata del 9 novembre 1968, i germani P.F., S., E. ed Au., rimasti i soli comproprietari della suddetta casa, procedevano alla divisione della stessa, attribuendosene ognuno una parte.
2. - Con ricorso depositato il 18 dicembre 1993, P.M. ed A., aventi causa di P.F., chiedevano ed ottenevano dalla Pretura circondariale di Rieti - ai sensi della L. 10 maggio 1976, n. 346, che consente l'usucapione quindicennale dei fondi rustici con annessi fabbricati siti in comuni montani - il riconoscimento del loro avvenuto acquisto della proprietà del suindicato fabbricato qualificato come "rurale", ma non di fondi rustici.
Con atto di citazione notificato il 25 gennaio e il 1 febbraio 1997, P.S. ed E. convenivano in giudizio, davanti al Pretore di Rieti, P.A. e P.M. e - assumendo di essere venute a conoscenza, a seguito di visura catastale eseguita in data 19 giugno 1996, del decreto pretorile suddetto che non era loro opponibile e che faceva sorgere il loro interesse all'esperimento dell'azione intrapresa - chiedevano l'accertamento giudiziale dell'autenticità delle sottoscrizioni di P. F. ed Pe.Au. in calce all'atto di divisione del 9 novembre 1968 e della sottoscrizione di Pe.Ma. in calce all'atto di rinuncia del 4 agosto 1968 nonchè la dichiarazione di loro esclusiva proprietà delle porzioni di fabbricato loro rispettivamente assegnate con l'atto di divisione.
I convenuti si costituivano, resistendo. Eccepivano la nullità: dell'atto di rinuncia di M.A. alla propria quota di comproprietà del fabbricato in favore dei figli, trattandosi di donazione non effettuata con atto pubblico; della rinuncia di Pe.Ma. alla sua quota, trattandosi di cessione della quota a lui pervenuta in donazione dalla madre ma non ancora accettata; infine, della clausola con la quale lo stesso Pe.Ma. aveva rinunciato, per sè e per i suoi aventi causa, in favore degli assegnatari delle rimanenti quote del fabbricato, ai diritti che potessero derivargli sul fabbricato stesso a seguito di eventuale successione, trattandosi di patto successorio vietato dall'art. 458 cod. civ. Deducevano, infine, l'opponibilità del decreto pretorile alle attrici, le quali non potevano considerarsi terzi. Integrato il contraddittorio nei confronti di A.C., di Pe.Gi. e di P.G., eredi di Pe. A., e di Pe.Ma., tutti rimasti contumaci, con sentenza non definitiva n. 328 del 2001 il Tribunale di Rieti, divenuto competente a seguito della soppressione del Pretore, dichiarava la nullità della clausola n. 7 della scrittura privata del 4 agosto 1968, con la quale Pe.Ma. aveva rinunciato ad eventuali diritti successori sulla casa di via (OMISSIS), mentre rigettava le altre eccezioni sollevate dai convenuti e, con separata ordinanza, rimetteva la causa sul ruolo per l'espletamento di consulenza tecnica d'ufficio ai fini dell'accertamento dell'autenticità delle firme di P. F., Au. e Ma..
Nel prosieguo della causa, espletata consulenza tecnico-grafica, il Tribunale, con sentenza definitiva n. 46/2003, dichiarava autentiche le sottoscrizioni apposte sulla scrittura privata del 9 novembre 1968, intercorsa tra M.A., P.F., P.S., P.E. e Pe.Au..
3. - Avverso tali sentenze hanno proposto appello P.A. e P.M..
Si sono costituite P.E. e P.S., chiedendo il rigetto dell'impugnazione.
Il processo, interrotto per il decesso di P.S., è stato riassunto nei confronti dei di lei eredi M.C. e M.M.G., i quali sono rimasti contumaci.
La Corte d'appello di Roma, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria l'11 febbraio 2009, ha rigettato il gravame.
3.1. - La Corte territoriale ha rilevato che la rinuncia di uno dei comproprietari effettuata, come nel caso di specie, a favore di tutti gli altri comproprietari non richiede l'atto pubblico (trattandosi di donazione indiretta, ossia di liberalità realizzata ponendo in essere un negozio tipico diverso da quello previsto dall'art. 782 cod. civ.), ma soltanto la forma scritta (venendo in considerazione la rinuncia alla quota di un bene immobile). La Corte d'appello ha poi confermato il giudizio di marginalità del patto successorio vietato nel contesto dell'operazione economico-sociale posta in essere con le scritture. Infine, la Corte ha sottolineato che l'inopponibilità del decreto pretorile a P.E. e S. si evince, a contrario, dal disposto della L. n. 346 del 1976, art. 3, u.c..
4. - Per la cassazione della sentenza della Corte d'appello P. A. e P.M. hanno proposto ricorso, con atto notificato il 7 ottobre 2009, sulla base di quattro motivi.
Hanno resistito, con controricorso, P.E., M.C. e M.M.G..
Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
Motivi della decisione
1. - Con il primo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 809, 1362, 1363 e 1367 c.c.) i ricorrenti deducono che la rinuncia operata da M.A. nella scrittura privata del 4 agosto 1968 costituirebbe una donazione diretta di cui all'art. 782 c.c. e ss.. Essi chiedono conclusivamente che sia affermato il principio di diritto secondo cui "la rinuncia ad un diritto reale immobiliare in favore di soggetti nominativamente individuati, se effettuata a titolo di liberalità, ovvero senza corrispettivo e senza che essa concretizzi adempimento di una obbligazione, sia pure di natura morale, configura la fattispecie della donazione reale traslativa, in quanto la sua causa tipica è data dall'animus donandi e, in conseguenza, deve avere a pena di nullità la forma dell'atto pubblico. Per l'effetto, anche la rinuncia donationis causa al diritto di comproprietà su un bene immobile in favore degli altri comproprietari, a tal uopo specificamente designati, poichè persegue una funzione direttamente attributiva e non già meramente abdicativa del diritto reale, è soggetta alla disciplina della donazione diretta ex art. 769 c.c. e segg., e deve perciò risultare a pena di nullità da atto pubblico".
1.1. - La censura - scrutinabile nei limiti del quesito che la accompagna - è infondata. Costituisce donazione indiretta la rinunzia alla quota di comproprietà, fatta in modo da avvantaggiare in via riflessa tutti gli altri comproprietari. In tal caso si è infatti di fronte ad una rinunzia abdicativa alla quota di comproprietà, perchè l'acquisto del vantaggio accrescitivo da parte degli altri comunisti si verifica solo in modo indiretto attraverso l'eliminazione dello stato di compressione in cui l'interesse degli altri contitolari si trovava a causa dell'appartenenza del diritto in comunione anche ad un altro soggetto; e poichè per la realizzazione del fine di liberalità viene utilizzato un negozio, la rinunzia alla quota da parte del comunista, diverso dal contratto di donazione, non è necessaria la forma dell'atto pubblico richiesta per quest'ultimo. Di tale principio ha fatto corretta applicazione la Corte del merito, dopo avere sottolineato che la rinuncia alla quota di un mezzo sulla proprietà della casa è stata compiuta da M.A. puramente e semplicemente in favore di tutti gli altri comproprietari, con una estensione automatica in proporzione delle loro quote di comproprietà, mediante l'utilizzazione di un negozio tipico, appunto la rinunzia di uno dei comproprietari ai sensi dell'art. 1104 c.c..
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna, i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso delle spese processuali sostenute dai controricorrenti, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00, per compensi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 16 dicembre 2014.
Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2015