rommel1970

Membro Attivo
Proprietario Casa
ciao, anche se ho già scritto qualche accenno in altre discussioni, ho bisogno di porre un nuovo quesito visto che la situazione si evolve.
vivo per lavoro in un appartamento/cantina cat. c2 seminterrata di mia proprietà ma che si allaga durante le piogge (è già successo due volte provocando seri danni). gli "appartamenti" come il mio sono in tutto tre. quelli fuori terra, cat A, sono invece sei e ovviamente non hanno subito l'allagamento a meno della preoccupazione generale in quanto le fondamenta e il vespaio ad iglù (o igloo). ecco, tutti i condomini meno uno, (che stranamente possiede una mansarda...) e che vive in altra città e occupa la casa 2, 3 volte l'anno, dice che non ha intenzione di mettersi contro il costruttore attraverso il condominio perchè ogni qual volta che ha bisogno di piccoli ritocchi alla sua casa (pitture, e altre piccole cose) questi non fa una grinza ed interveniene.
peccato che il nostro allagamento non sia affatto una piccola cosa rispetto ai suoi piccoli ritocchi.
a giorni convocheremo un'assemblea straordinaria, dove è quasi certi che i "dissidenti" siano pure assenti, e nell'ordine del giorno si voterà la nomina di un avvocato per il procedimento attraverso un accertamento tecnico preventivo prima e una causa poi.
domanda: può questo condomino rifiutarsi di pagare le quote derivanti da questa azione legale, promossa anche per tutelare interessi comuni quali fondamenta, iglù e pozzetti di raccolta comuni?
cosa possiamo fare per persuarderli?
grazie
g.
 

raflomb

Membro Assiduo
A norma dell'articolo 1132 c.c., quando l'assemblea abbia deliberato di promuovere una lite o di resistere a una domanda giudiziale, il condomino dissenziente può separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite, per il caso di soccombenza. Se l’esito della lite è stato però favorevole al condominio, il condomino dissenziente - che ne abbia tratto vantaggio - deve concorrere nelle spese del giudizio, che non sia stato possibile ripetere dalla parte soccombente. L’atto di dissenso deve essere notificato entro 30 giorni da quello in cui il condomino ha avuto notizia della delibera. In caso di soccombenza, il condomino dissenziente ha diritto di rivalsa per ciò che abbia dovuto pagare alla parte vittoriosa. Come risulta anche da una semplice lettura della norma, la previsione legislativa è assai articolata, sicché si rende necessario – prima ancora di esaminarne gli effetti – di individuarne i presupposti. Anzitutto, per esprimere il proprio dissenso, il condomino deve essere in presenza di una vera e propria delibera assembleare e non di un semplice provvedimento dell’amministratore (art. 1133 c.c.). Il che significa che, se la decisione di promuovere o di resistere a una lite é atto proprio dell’amministratore, il condomino deve prima rivolgersi all’assemblea - che deciderà in merito - e solo rispetto alla delibera di quest’ultima, può manifestare il proprio dissenso. Si tenga presente che l’amministratore può promuovere ex se – senza delibera assembleare – le liti rientranti nelle proprie attribuzioni, definite dall’art. 1130 c.c. (osservanza del regolamento condominiale, esecuzione delle delibere assembleari, disciplina delle parti comuni, riscossione delle quote condominiali, pagamento delle spese, adozione degli atti conservativi). Sempre quanto ai presupposti, è opinione dominante che il dissenso possa essere espresso solo relativamente alle liti tra condominio e terzi e non anche relativamente alle liti tra condominio e condomino. In questo senso, la giurisprudenza - che solo incidentalmente si è occupata della questione – ha puntualizzato che, nell’ipotesi di lite tra condominio e condomino, “non è applicabile neppure in via analogica l’art. 1132 c.c. che disciplina l’ipotesi di lite tra un condominio e un terzo estraneo e neppure l’art. 1101, richiamato dall’art. 1139 stesso codice” (Cassazione, 25/03/1970, n. 801). Nello stesso senso, si veda tra le altre Cassazione 15/5/2006, n. 11126, per la quale “nell’ipotesi di controversie tra condomini, infatti, l’unità condominiale viene a scindersi di fronte al particolare oggetto della lite per dar vita a due gruppi di partecipanti al condominio in contrasto tra di loro, con la conseguenza che il giudice nel dirimere la contesa provvede anche definitivamente sulle spese del giudizio, sicché la parte soccombente non può essere tenuta a pagare alla parte vittoriosa, per le spese di giudizio, una somma maggiore per quella per cui ha riportato condanna”. La disposizione di cui all’art. 1132 c.c. deve peraltro applicarsi laddove sia certo che l’interesse del condominio vincitore non abbia comportato alcun vantaggio per il condomino dissenziente. E, dunque, agli effetti del dissenso del condomino rispetto alle liti, occorre tener ben distinta l’ipotesi in cui il condominio risulti soccombente rispetto alla lite, dall’ipotesi in cui il condominio risulti vittorioso e il condomino dissenziente ne tragga vantaggio. Nel primo caso, il condomino dissenziente è esonerato dalle spese di soccombenza e ha diritto di rivalsa per ciò che abbia dovuto pagare alla parte vittoriosa, in forza della solidarietà passiva. Nel secondo caso, invece, il condomino dissenziente - che abbia tratto vantaggio dalla lite risultata favorevole al condominio - è tenuto a concorrere nelle spese del giudizio che non sia stato possibile recuperare dalla parte soccombente. In sostanza, l’esonero del condomino dissenziente dalle spese è limitato all’ipotesi di soccombenza del condominio nella lite, relativamente alle spese derivanti dalla soccombenza e cioè, alle spese del giudizio poste dal giudice a carico del condominio, oltreché alle spese di difesa (l’esonero non si estende ovviamente a quanto ha formato oggetto del merito sostanziale della vertenza). Se invece la lite ha esito favorevole per il condominio e il condomino dissenziente abbia tratto vantaggio, la separazione di responsabilità - che riguarda solo le spese di soccombenza - non produce gli stessi effetti ed il condomino dissenziente è tenuto a partecipare alle spese di lite quali, ad esempio l’eccedenza degli onorari del legale del condominio rispetto a quanto disposto dal giudice (cosiddette spese legali non ripetibili). In ogni caso, l’esonero del condomino dissenziente dalle spese, a seguito della separazione della propria responsabilità, non si applica alle spese del processo penale e la decisione di autorizzare l’amministratore - imputato per comportamenti relativi al suo incarico - a nominarsi un difensore in un procedimento penale, non può formare legittimo oggetto di delibera assembleare (Cassazione, 10/6/1997, n. 5163). In ogni caso, la notifica del dissenso non inibisce, al condomino dissenziente, la partecipazione alle successive delibere assembleari concernenti il prosieguo della controversia, non potendosi disconoscere il diritto di manifestare la propria volontà nell’assemblea e di concorrere quindi, al pari degli altri condomini, alla formazione della volontà condominiale sullo specifico argomento (per esempio, dell’abbandono della lite). Ne può dedursi al riguardo un’astratta ipotesi di conflitto di interessi, che deve essere dedotto e provato in concreto e può essere riconosciuto soltanto ove risulti dimostrata una specifica divergenza tra ragioni personali del condomino dissenziente - il cui voto abbia concorso a determinare la maggioranza assembleare - ed un parimenti specifico contrario interesse istituzionale del condominio (Cassazione, 5/12/2001, n. 15360).
 

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