non si distinguono, sono alla stessa stregua uno vale l'altro per la tassazione
Per le sole locazioni di immobili
a uso abitativo, l’art. 8, comma 5, della legge n. 431/1998, introducendo due nuovi periodi all’art. 23, comma 1 del TUIR (l'attuale art. 26), ha stabilito che i relativi canoni, se non percepiti, non concorrono alla formazione del reddito complessivo del locatore dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore.
Di conseguenza, detti canoni non devono essere riportati nella relativa dichiarazione dei redditi se, entro il termine di presentazione della stessa, si è concluso il procedimento di convalida di sfratto per morosità e, nel caso in cui il giudice confermi la morosità del locatario anche per i periodi precedenti il provvedimento giurisdizionale, al locatore è riconosciuto un credito d’imposta di ammontare pari alle imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti.
Come precisato nella Circolare del Ministero delle Finanze n. 150 del 1999, la disposizione, limitata ai soli
immobili concessi in locazione a uso abitativo, deroga al principio generale di imputazione dei redditi fondiari in quanto esclude dal reddito i canoni che non sono stati percepiti a condizione che lo stato di morosità del conduttore risulti da un accertamento giudiziale il cui procedimento abbia avuto termine.
Per le locazioni di immobili non abitativi il legislatore non ha previsto una disposizione analoga. Ne consegue che:
- il relativo canone, ancorché non percepito,
va comunque dichiarato, nella misura in cui risulta dal contratto di locazione, fino a quando non intervenga una causa di risoluzione del contratto medesimo;
- le imposte assolte sui canoni dichiarati e non riscossi
non potranno essere recuperate.