MILANO - Ancora una volta lo Ior, il forziere del Vaticano, è sotto i riflettori da parte della Procura di Roma. Secondo quanto riferito da alcune agenzie citando «ambienti giudiziari», lo Ior avrebbe provveduto a trasferire gran parte dei fondi depositati presso nove banche italiane, di cui è cliente, fra le quali Intesa Sanpaolo e Unicredit, in istituti di credito tedeschi. Per quale ragione lo Ior avrebbe deciso di interrompere i rapporti con gli istituti del nostro Paese? Sempre secondo fonti giudiziarie, il «trasloco» sarebbe legato all' entrata in vigore della circolare con la quale Bankitalia ha incluso l' istituto, presieduto da Ettore Gotti Tedeschi e guidato dal direttore generale Paolo Cipriani, nella lista dei Paesi extracomunitari verso i cui istituti le banche italiane devono applicare le verifiche e i controlli «rafforzati» previsti dal decreto 231 del 2007 (cioè le disposizione che hanno dato attuazione alla direttiva europea antiriciclaggio). Il progressivo azzeramento della operatività dello Ior con gli istituti italiani sarebbe emerso dall' esame dei rapporti finanziari acquisiti dalla Procura di Roma nell' ambito dell' inchiesta sullo Ior che, nel settembre 2010, ha portato al sequestro di 23 milioni trasferiti dall' istituto Vaticano, attraverso il Credito Artigiano, alla Jp Morgan Frankfurt (20 milioni) e alla Banca del Fucino (3 milioni). Secondo i giudici i trasferimenti erano avvenuti senza comunicare per conto di chi erano stati disposti, né la natura e lo scopo delle due operazioni. In particolare, lo Ior aveva chiesto al Credito Artigiano di disporre le due operazioni di bonifico e la banca, che nei mesi precedenti aveva ricevuto, come tutti gli altri istituti di credito, la circolare della Banca d' Italia che obbliga nei rapporti con lo Ior, istituto extracomunitario, a rispettare gli obblighi di verifica rafforzata, ha chiesto al Vaticano di fornire informazioni su beneficiari e scopo delle operazioni. Ma le risposte non erano arrivate, l' Artigiano lo ha segnalato a Bankitalia, si è mossa la Procura e si è arrivati al sequestro. Gli avvocati della Santa Sede hanno in seguito precisato che si trattava di operazioni di tesoreria: la somma maggiore, cioè i 20 milioni trasferiti a Francoforte, doveva essere investita in titoli di Stato tedeschi. L' inchiesta, che aveva visto indagati sia Gotti Tedeschi sia Cipriani appunto per omesse comunicazioni in violazione alla normativa antiriciclaggio, è rimasta aperta anche dopo che, nel giugno 2011, è stato autorizzato il dissequestro della somma. Tra i motivi della revoca del provvedimento, respinta una prima volta alla fine del 2010, c' è stata l' emanazione da parte del Vaticano di una legge sulla «prevenzione e il contrasto del riciclaggio dei proventi di attività criminose» e l' istituzione di un' Autorità di informazione finanziaria (Aif).