pinomaga

Membro Attivo
Proprietario Casa
Chiedo aiuto a tutti gli iscritti per delucidarmi su questo quesito:
Mia figlia è stata assunta 7 mesi fa a tempo determinato e, a detta dell'azienda, ai primi di gennaio prossimo sarà assunta a tempo indeterminato. Poichè il suo datore di lavoro ha precisato che entro fine anno bisogna azzerare le ferie residue ma questo pare impossibile, visto l'enorme mole di lavoro esistente fino a fine anno e le festività prossime, chiedo:

1) Con l'assunzione a tempo indeterminato mia figlia ha diritto alla liquidazione per il periodo relativo al tempo determinato (7 mesi) ?
2) Al momento dell'assunzione a tempo indeterminato le eventuali ferie residue devono essere liquidate comunque o possono essere trasferite nel nuovo contratto?

Ringrazio anticipatamente coloro che mi forniranno spiegazioni in merito.
 

alberto bianchi

Membro Storico
Proprietario Casa
1) Con l'assunzione a tempo indeterminato mia figlia ha diritto alla liquidazione per il periodo relativo al tempo determinato (7 mesi) ?
Certamente, nel rapporto di lavoro subordinato , determinato o indeterminato, matura il diritto alla quota di TFR. Per frazioni di mese spetta solo se i giorni lavorati sono almeno 15.

2) Al momento dell'assunzione a tempo indeterminato le eventuali ferie residue devono essere liquidate comunque o possono essere trasferite nel nuovo contratto?
Dipende:
- Se tra un contratto e l'altro non esiste interruzione, ma semplicemente una modifica "cartacea", l'Azienda potrebbe anche decidere (è una loro facoltà) di non procedere ad alcuna liquidazione e di accantonare le spettanze maturate nella posizione relativa al contratto a tempo indeterminato.
Queste domande è meglio se vengono fatte direttamente all'Ufficio del Personale.[/QUOTE]
 
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Ennio Alessandro Rossi

Membro dello Staff
Professionista
Non ho mai trattato paghe e confesso di possedere conoscenze generiche in tema . Le dico comunque la mia opinione:
Presumo sia successa una cosa del genere : c' è stata interruzione del rapporto di lavoro a tempo determinato che si chiuderà il 31.12.2014 ; in tal caso a quella data a mio modo di vedere va azzerato il credito del lavoratore ( ratei ferie non godute, ratei mensilità aggiuntive tipo 13.ma e 14.ma ; e liquidato il TFR) . Con l' inizio del nuovo anno si riparte da zero con un nuovo contratto di lavoro a tempo indeterminato probabilmente con applicazione dei contenuti nel Jobs Act a tutele crescenti, applicabile ai “nuovi” assunti, dopo l’emanazione delle recenti disposizioni appunto contenute nel pacchetto del Jobs Act. Nel suo caso, quindi, si applicano regole nuove .
Varrebbe la pena valutare per bene i contenuti dei rispettivi contratti di lavoro che devono essere stati forniti alla ragazza
 
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Ennio Alessandro Rossi

Membro dello Staff
Professionista
Ho sentito una collega che fa paghe: in alternativa a quanto postato ( che è corretto) il datore di lavoro a sua discrezione potrebbe comunicare la volontà di variare il contratto di lavoro in corso previo una semplice comunicazione. Se il datore di lavoro optasse per questa seconda soluzione ( la collega mi dice che cio' avviene nel 90% dei casi) sotto il profilo economico le competenze retributive non verrebbero liquidate ma maturerebbero normalmente come se il contratto a tempo indeterminato fosse vigente "ab origine" (ossia iniziato sette mesi fa) . Per cui il TFR ed i ratei restano in maturazione in tale secondo caso e non vengono liquidati se non alle debite scadenze ( 14,ma a giugno 2015 , ferie non godute a fine anno 2014 ; 13.ma a dicembre 2015 , TFR a conclusione del rapporto di lavoro salvo che non venga accantonato negli appositi fondi pensione chiusi o aperti . Oppure salvo che il lavoratore di datore di lavoro privato, non preferisca (da giugno 2015) incassare il TFR a fine mese ( vedi ultime disposizione del governo Renzi)
 
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Ennio Alessandro Rossi

Membro dello Staff
Professionista
IL NUOVO ARTICOLO 18 DELLO STATUTO DEI LAVORATORI ED IL CONTRATTO A TUTELE CRESCENTI /contratto di ricollocazione

In data 24 dicembre 2014 il Consiglio dei Ministri ha approvato il primo dei due decreti legislativi attuativi della riforma sul lavoro, che riscrive quasi completamente la disciplina contenuta nell'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori in materia di reintegrazione del lavoratore sul posto di lavoro in seguito a licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo. Il testo normativo consta di soli dodici articoli tutti dedicati alla disciplina della nuova tipologia contrattuale di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti e introduce nuove regole sui licenziamenti. Ecco in dettaglio le principali novità che interesseranno i lavoratori neoassunti (Jobs Act) e il raffronto con l'attuale disciplina ancora applicabile ai dipendenti già in forza all'azienda (legge Fornero).

- Licenziamento per motivi economici: intimato perché l'azienda versa in stato crisi o sta ridisegnando il proprio assetto organizzativo (c.d. licenziamento per giustificato motivo oggettivo).Disciplina attuale: se il licenziamento viene dichiarato illegittimo dal giudice, il lavoratore ha diritto ad un'indennità. Se, a seguito dell'accertamento, il fatto viene dichiarato manifestamente insussistente il lavoratore ha diritto anche al reintegro.Nuova disciplina: se il licenziamento viene dichiarato illegittimo dal giudice, il lavoratore ha diritto unicamente all'indennità variabile in base all'anzianità di servizio.


- Licenziamento nullo: intimato in violazione delle tutele previste per la maternità e la paternità o per causa di matrimonio o per motivi discriminatori.
Sia la disciplina attuale che la nuova disciplina prevedono, in tale ipotesi, il diritto al reintegro oltre che un'indennità a titolo di risarcimento del danno, salva la possibilità del lavoratore di richiedere un'ulteriore indennità in luogo del reintegro.

- Licenziamento per motivi disciplinari: intimato per comportamenti dolosi o colposi del lavoratore la cui gravità impedisce la prosecuzione del rapporto (c.d. licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo).Disciplina attuale: se il licenziamento viene dichiarato illegittimo dal giudice, il lavoratore ha diritto al reintegro se il fatto materiale non sussiste o i contratti collettivi prevedono una sanzione conservativa.
Nuova disciplina: se il licenziamento viene dichiarato illegittimo dal giudice, il lavoratore ha diritto al reintegro solo se viene ragg-iunta la piena prova dell'insussistenza materiale del fatto, in tutti gli altri casi ha diritto unicamente all'indennità.

- Rito applicabile
-Disciplina attuale
: rito Fornero-Nuova.disciplina:rito.ordinario
-Piccole imprese e grandi imprese
Disciplina attuale
: solo le imprese con più di quindici dipendenti sono obbligate al reintegro del lavoratore in seguito a licenziame-nto per motivi economici dichiarato illegittimo, mentre le piccole imprese sono tenute al pagamento di un'indennità.Nuova disciplina: anche alle imprese con meno di quindici dipen-denti si applicano le regole stabilite per i licenziamenti economici nelle grandi imprese (pagamento di un'indennità variabile), ma la indennità è dimezzata.


Il decreto legislativo introduce altresì il c.d. contratto di ricollocazione, prevedendo l'istituzione di un apposito fondo per la ricollocazione dei lavoratori in stato di disoccupazione involontaria da cui attingere le risorse per l'emissione di un voucher che, presentato dal lavoratore all'agenzia per il lavoro, consente a quest'ultima l'incasso quando il lavoratore trova un impiego.

Di seguito si riporta lo schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183.



Art. 1 - Campo di applicazione.

Per i lavoratori che rivestono la qualifica di operai, impiegati o quadri, assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il regime di tutela nel caso di licenziamento illegittimo è disciplinato dalle disposizioni di cui al presente decreto.
Nel caso in cui il datore di lavoro, in conseguenza di assunzioni a tempo indeterminato avvenute successivamente all'entrata in vigore del presente decreto, integri il requisito occupazionale di cui all'articolo 18, ottavo e nono comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, il licenziamento dei lavoratori, anche se assunti precedentemente a tale data, è disciplinato dalle disposizioni del presente decreto.

Art. 2 - Licenziamento discriminatorio, nullo e intimato in forma orale.
Il giudice, con la pronuncia con la quale dichiara la nullità del licenziamento perché discriminatorio ovvero riconducibile agli altri casi di nullità espressamente previsti dalla legge, ordina al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto. A seguito dell'ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall'invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l'indennità di cui al terzo comma del presente articolo. Il regime di cui al presente articolo si applica anche al licenziamento dichiarato inefficace perché intimato in forma orale.
Con la pronuncia di cui al comma 1, il giudice condanna altresì il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata la nullità e l'inefficacia, stabilendo a tal fine un'indennità commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative.

In ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato, altresì, per il medesimo periodo, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.
Fermo restando il diritto al risarcimento del danno come previsto al comma 2, al lavoratore è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un'indennità pari a quindici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale. La richiesta dell'indennità deve essere effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della pronuncia o dall'invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione.

Art. 3 - Licenziamento per giustificato motivo e giusta causa.
Salvo quanto disposto dal comma 2 del presente articolo, nei casi in cui risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non superiore a ventiquattro mensilità.
Esclusivamente nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l'insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento, il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore abbia percepito per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire accettando una congrua offerta di lavoro ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lett. c, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181. In ogni caso la misura dell'indennità risarcitoria relativa al periodo antecedente alla pronuncia di reintegrazione non può essere superiore a dodici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato, altresì, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegrazione. Al lavoratore è attribuita la facoltà di cui all'articolo 2, comma 3.
La disciplina di cui al comma 2 trova applicazione anche nelle ipotesi in cui il giudice accerta il difetto di giustificazione per motivo consistente nell'inidoneità fisica o psichica del lavoratore, anche ai sensi degli articoli 4, comma 4, e 10, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68.
Al licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 1 non trova applicazione l'articolo 7 della legge n. 604 del 1966.

Art. 4 - Vizi formali e procedurali.
Nell'ipotesi in cui il licenziamento sia intimato con violazione del requisito di motivazione di cui all'articolo 2, comma 2, della legge n. 604 del 1966 o della procedura di cui all'articolo 7 della legge n. 300 del 1970, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a una mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superiore a dodici mensilità, a meno che il giudice, sulla base della domanda del lavoratore, accerti la sussistenza dei presupposti per l'applicazione delle tutele di cui agli articoli 2 e 3 del presente decreto.

Art. 5 - Revoca del licenziamento.
Nell'ipotesi di revoca del licenziamento, purché effettuata entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione al datore di lavoro dell'impugnazione del medesimo, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, con diritto del lavoratore alla retribuzione maturata nel periodo precedente alla revoca, e non trovano applicazione i regimi sanzionatori previsti dal presente decreto.

Art. 6 - Offerta di conciliazione.
In caso di licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 1, al fine di evitare il giudizio e ferma restando la possibilità per le parti di addivenire a ogni altra modalità di conciliazione prevista dalla legge, il datore di lavoro può offrire al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento, in una delle sedi di cui all'articolo 2113, comma 4, cod. civ., e all'articolo 82, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, un importo che non costituisce reddito imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e non è assoggettata a contribuzione previdenziale, di ammontare pari a una mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superiore a diciotto mensilità, mediante consegna al lavoratore di un assegno circolare. L'accettazione dell'assegno in tale sede da parte del lavoratore comporta l'estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l'abbia già proposta.
L'onere derivante dalla disposizione di cui al comma 1 pari a due milioni di euro per l'anno 2015, settemilionienovecentomila euro per il 2016 e tredicimilionieottocentomila euro per il 2017 è posto a carico del fondo di cui all'articolo 1, comma 107, della legge di stabilità per il 2015.
Il sistema permanente di monitoraggio e valutazione istituito ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 28 giugno 2012, n. 92, assicura il monitoraggio sull'attuazione della presente disposizione.

Art. 7 - Computo dell'anzianità negli appalti.
Ai fini del calcolo delle indennità e dell'impoto di cui all'articolo 3, comma 1, all'articolo 4, e all'articolo 6, l'anzianità di servizio del lavoratore che passa alle dipendenze dell'impresa che subentra nell'appalto si computa tenendo conto di tutto il periodo durante il quale il lavoratore è stato impiegato nell'attività appaltata.

Art. 8 - Computo e misura delle indennità per frazioni di anno.
Per le frazioni di anno d'anzianità di servizio, le indennità e l'importo di cui all'articolo 3, comma 1, all'articolo 4, e all'articolo 6, sono riproporzionati e le frazioni di mese uguali o superiori a quindici giorni si computano come mese intero.

Art. 9 - Piccole imprese e organizzazioni di tendenza.
Ove il datore di lavoro non raggiunga i requisiti dimensionali di cui all'articolo 18, ottavo e nono comma, della legge n. 300 del 1970, non si applica l'articolo 3, comma 2, e l'ammontare delle indennità e dell'importo previsti dall'articolo 3, comma 1, dall'articolo 4, comma 1 e dall'articolo 6, comma 1, è dimezzato e non può in ogni caso superare il limite di sei mensilità.
Ai datori di lavoro non imprenditori, che svolgono senza fine di lucro attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto, si applica la disciplina di cui al
presente decreto.

Art. 10 - Licenziamento collettivo.
In caso di licenziamento collettivo ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, intimato senza l'osservanza della forma scritta, si applica il regime sanzionatorio di cui all'articolo 2 del presente decreto. In caso di violazione delle procedure richiamate all'articolo 4, comma 12, o dei criteri di scelta di cui all'art. 5, comma 1, della legge n. 233 del 1991, si applica il regime di cui all'articolo 3, comma 1.

Art. 11 - Contratto di ricollocazione.
È istituito presso l'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale il Fondo per le politiche attive per la ricollocazione dei lavoratori in stato di disoccupazione involontaria, al quale affluisce la dotazione finanziaria del Fondo istituito dall'articolo 1, comma 215, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, in ragione di 18 milioni di euro per l'anno 2015 e di 20 milioni di euro per il 2016 nonché, per l'anno 2015, l'ulteriore somma di 32 milioni di euro del gettito relativo al contributo di cui all'articolo 2, comma 31, della legge 28 giugno 2012, n. 92.
Il lavoratore licenziato illegittimamente o per giustificato motivo oggettivo o per licenziamento collettivo di cui agli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991 n. 223, ha il diritto di ricevere dal Centro per l'impiego territorialmente competente un voucher rappresentativo della dote individuale di ricollocazione, a condizione che effettui la procedura di definizione del profilo personale di occupabilità, ai sensi del D.lgs. attuativo della legge delega 10 dicembre 2014, n. 183, in materia di politiche attive per l'impiego.
Presentando il voucher a una agenzia per il lavoro pubblica o privata accreditata secondo quanto previsto dal D.lgs di cui al comma 2, il lavoratore ha diritto a sottoscrivere con essa il contratto di ricollocazione che prevede:
il diritto del lavoratore a una assistenza appropriata nella ricerca della nuova occupazione, programmata, strutturata e gestita secondo le migliori tecniche del settore, da parte dell'agenzia per il lavoro;
il diritto del lavoratore alla realizzazione da parte dell'agenzia stessa di iniziative di ricerca, addestramento, formazione o riqualificazione professionale mirate a sbocchi occupazionali effettivamente esistenti e appropriati in relazione alle capacità del lavoratore e alle condizioni del mercato del lavoro nella zona ove il lavoratore è stato preso in carico;
il dovere del lavoratore di porsi a disposizione e di cooperare con l'agenzia nelle iniziative da essa predisposte.
L'ammontare del voucher è proporzionato in relazione al profilo personale di occupabilità di cui al comma 2 e l'agenzia ha diritto a incassarlo soltanto a risultato ottenuto secondo quanto stabilito dal D.lgs. di cui al comma 2.

Art. 12 - Rito applicabile.
Ai licenziamenti di cui al presente decreto non si applicano le disposizioni dei commi da 48 a 68 dell'articolo 1 della legge n. 92 del 2012.

Cos'è il contratto a tutele crescenti

Il contratto a tutele crescenti è il modello contrattuale introdotto dal Jobs Act in caso di nuove assunzioni a tempo indeterminato. Con lo scopo di razionalizzare il coacervo di contratti di lavoro esistenti, infatti, la riforma ha limitato a due le tipologie di contratti individuali stipulabili tra datori di lavoro e dipendenti: il contratto di lavoro a tempo determinato e il contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti. Tale contratto presenta due peculiarità: in primo luogo, si tratta di un contratto aperto, in quanto applicabile a tutti i lavoratori neoassunti a partire dal 1 gennaio 2015; in secondo luogo, si tratta di un contratto che si pone in contrasto con la tradizionale idea di assunzione a tempo indeterminato, in quanto prevede l'ampliamento delle tutele con l'aumento dell'anzianità di servizio presso la stessa azienda ma al contempo consente l'interruzione del rapporto di lavoro senza possibilità di reintegro, salvi i casi di licenziamento discriminatorio (per motivi ideologici, di sesso, razza, religione, età, handicap, appartenenza ad un sindacato), nullo (per causa di matrimonio, lavoratrici madri), per alcune fattispecie di licenziamento disciplinare (casi in cui viene accertato in giudizio che il fatto contestato non sussiste) e per il licenziamento intimato oralmente.

I vantaggi per le imprese

I datori di lavoro che opteranno per assunzioni a tempo indeterminato a tutele crescenti potranno beneficiare delle agevolazioni fiscali e contributive previste dalla legge di stabilità con lo scopo di aumentare le assunzioni stesse.

Inoltre, se sommando i dipendenti già in forza all'azienda con le nuove assunzioni a tutele crescenti, l'organico dell'impresa supererà la soglia dei quindici dipendenti, anche nei confronti dei lavoratori già assunti cesserà l'applicazione dell'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori; in altre parole, quando grazie ai nuovi contratti a tutele crescenti nella stessa impresa troveranno impiego più di quindici lavoratori, in caso di licenziamento, per tutti i dipendenti verrà indistintamente prevista la corresponsione di un indennizzo in luogo della reintegrazione nel posto di lavoro.


Le novità in materia di licenziamento

Come già anticipato, in caso di licenziamento, il dipendente assunto con contratto indeterminato a tutele crescenti avrà unicamente diritto ad un indennizzo la cui corresponsione sarà certa ma variabile in base alla durata del rapporto di lavoro, da un minimo di quattro mensilità ad un massimo di ventiquattro, con aumento di due mensilità per ogni anno di servizio presso lo stesso datore di lavoro. Per i lavoratori già attualmente impiegati, invece, continueranno a valere le regole già esistenti e in particolare le ipotesi di reintegro così come previste dall'art. 18 salvo che, come già anticipato, il numero dei lavoratori superi le quindici unità in seguito ad assunzioni a tutele crescenti. Nei (pochi) casi in cui anche la nuova normativa prevede per il lavoratore la possibilità reintegro in seguito al licenziamento (discriminatorio, disciplinare quando il fatto non sussiste, nullo, orale), tuttavia, la tutela rimane reale senza possibilità di c.d. opting-out: il datore di lavoro non potrà sottrarsi all'ordine di reintegrazione con il pagamento di un indennizzo più cospicuo e la scelta tra reintegrazione sul luogo di lavoro o indennizzo spetterà unicamente al lavoratore. Costituiscono l'eccezione alla regola soltanto le piccole imprese, ovvero le imprese con meno di quindici dipendenti già escluse dall'applicazione dell'art. 18, per le quali permane quindi la deroga all'obbligo di reintegro anche con riferimento alle ipotesi ricomprese nella nuova disciplina e l'ammontare dell'indennizzo resta dimezzato, con un massimo di sei mensilità. La nuova disciplina in materia di licenziamento prevista per i contratti individuali di lavoro trova applicazione anche per i contratti collettivi qualora stipulati a tempo indeterminato a tutele crescenti.
02 gennio 2015– avv laura bazzan)
 

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