Veramente l'art. 67, 2° co., disp. att. c.c. dice esattamente:
Qualora un’unità immobiliare appartenga in proprietà indivisa a più persone, queste hanno diritto a un solo rappresentante nell’assemblea, che è designato dai comproprietari interessati a norma dell’articolo 1106 del codice.
Per cui mi sembra che confermi la tesi dell'amministratore, anche se l'assemblea avrebbe potuto derogare decidendo di far restare anche il secondo proprietario, magari senza diritto di parola. Altrimenti in caso di più appartamenti con più comproprietari si correrebbe il rischio di rendere l'assemblea ingestibile per i doppi o tripli ... interventi e magari anche in contrasto tra di loro.
Saluti.
Il fatto che anche il nuovo art. 67 delle Disposizioni di attuazione del Codice civile preveda il diritto dei comproprietari ad avere un solo rappresentante in assemblea non significa che sia sufficiente, ai fini della validità della costituzione dell'assemblea stessa, la convocazione di uno solo di loro. Risulta anzi il contrario, cioè che a tutti deve essere inviato l'avviso di convocazione affinché sia loro consentito di individuare poi colui che, in loro rappresentanza, parteciperà alla riunione.
A tale fine, affinché uno dei comproprietari "pro indiviso" di una unità immobiliare possa ritenersi ritualmente invitato a partecipare all'assemblea non si richiedono particolari formalità, essendo sufficiente che risulti provato che, dato l'avviso a uno dei comproprietari, quest'ultimo abbia reso edotti gli altri della convocazione.
La prova deve essere fornita dal condominio secondo il principio dettato dall'art. 2697 c.c. per cui chi vuole fare valere un diritto deve dimostrare i fatti che ne costituiscono il fondamento. È buona norma che i comproprietari si accordino prima su chi, tra di loro, dovrà personalmente presenziare alla riunione per esprimere il voto in nome e per conto di tutti gli altri. È frequente il caso della cointestazione del bene tra marito e moglie conviventi, talché addirittura può presumersi che l'avviso di convocazione inviato solo all'uno sia comunque portato a conoscenza anche dell'altro:
all'assemblea partecipa indifferentemente uno dei coniugi o entrambi e uno dei due manifesta il proprio voto vincolante anche per l'altro. Può accadere invece che l'unità immobiliare resti cointestata ai coniugi non conviventi in quanto separati o divorziati e che entrambe, pur con interessi confliggenti, si presentino contemporaneamente in assemblea, senza avere preventivamente deciso chi dovrà esprimere il voto.
Si è detto che il diritto a manifestare il voto spetta a un solo rappresentante, che adesso, secondo quanto previsto dalla riforma ( art. 67 disp. att. c.c.) deve essere designato dai comproprietari stessi secondo la procedura dettata dall'articolo 1106 c.c., cioè dalla maggioranza di loro calcolata secondo il valore delle rispettive quote. Scelta difficile che inevitabilmente sarà lasciata, in caso di disaccordo, all'autorità giudiziaria, nel caso in cui le quote siano di pari valore. Le ripercussioni sull'assemblea sono però notevoli, nel senso che, a rigor di logica, il presidente dovrebbe sospendere lo svolgimento dell'assemblea in attesa che il giudice, su ricorso di uno dei comproprietari, decida a chi, tra di loro, spetti il diritto di esprimere il voto in assemblea, vincolando anche gli altri partecipanti alla comunione. Un meccanismo sicuramente da rivedere, magari riprendendo quello più semplice dapprima previsto dal legislatore, quello cioè che attribuiva al presidente dell'assemblea il diritto di scegliere per sorteggio.
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