Nella seconda casa dei genitori va ad abitare il figlio, che si sposa. Naturalmente non viene scritto né registrato alcun contratto di locazione o di comodato o quant'altro, né si vuole chiedere una riduzione di IMU o di altri balzelli o qualsivoglia agevolazione.
Il problema sorge nel momento in cui il figlio chiede la residenza nell'immobile e l'allaccio delle utenze, perché gli viene chiesto di dimostrare, carte alla mano, a quale titolo occupi l'immobile (problema che, ovviamente, come è noto, si pone solo alle persone oneste e corrette e non ai tanti che occupano abusivamente gli immobili…): non è sufficiente un'autodichiarazione sua e/o del genitore.
Mi chiedo se ciò sia corretto legalmente e per quale motivo si sia costretti ad un ricatto di questo genere, che comporta una spesa ritenuta, a giusta ragione, totalmente inutile per bolli e registro, oltre ad una perdita di tempo, oppure se qualcuno possa suggerire una o più possibilità (perché, per esempio, non accettare l'autodichiarazione, eventualmente verificando?) per non subire l'ennesimo sopruso istituzionale.
Il problema sorge nel momento in cui il figlio chiede la residenza nell'immobile e l'allaccio delle utenze, perché gli viene chiesto di dimostrare, carte alla mano, a quale titolo occupi l'immobile (problema che, ovviamente, come è noto, si pone solo alle persone oneste e corrette e non ai tanti che occupano abusivamente gli immobili…): non è sufficiente un'autodichiarazione sua e/o del genitore.
Mi chiedo se ciò sia corretto legalmente e per quale motivo si sia costretti ad un ricatto di questo genere, che comporta una spesa ritenuta, a giusta ragione, totalmente inutile per bolli e registro, oltre ad una perdita di tempo, oppure se qualcuno possa suggerire una o più possibilità (perché, per esempio, non accettare l'autodichiarazione, eventualmente verificando?) per non subire l'ennesimo sopruso istituzionale.