il diritto di abitazione, per esempio, può averlo il coniuge superstite convivente di un intestatario di un contratto di affitto oppure può averlo il coniuge separato a cui il giudice gli ha assegnato il diritto di abitare in un appartamento; ma questo non è usufrutto, infatti si chiama diritto di abitazione. E tra l'altro si può anche perdere se chi ha questo diritto sposta la residenza ed il domicilio
Non confondiamo il diritto di abitazione, che è un diritto reale (ex art. 1021 c.c. o art. 540, 2° comma c.c.), con il diritto a succedere nel contratto di locazione al conduttore deceduto, ex art. 6 legge n. 392/78.
Nemmeno confondiamolo con l'assegnazione della casa coniugale, a seguito di separazione dei coniugi, al coniuge affidatario della prole minore o - dopo le modifiche introdotte dalla legge n. 54/2006 - in caso di affidamento condiviso, al coniuge con il quale la prole minore stabilisce la propria residenza abituale. Tale fattispecie, infatti, non integra in capo al coniuge assegnatario un diritto reale di abitazione, ma solo un diritto di natura personale, in quanto disposta unicamente nell'interesse della prole.
Infine, non si confonda la residenza (luogo di dimora abituale) con il domicilio (luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei propri affari e interessi. Il fatto che si consideri la sede principale comporta che i diversi affari e interessi possano avere più sedi, e quella principale è individuabile in relazione alla principalità degli affari e interessi. Gli affari e interessi s'intendono le attività economiche, produttive, patrimoniali e finanziarie che attengono alla persona). Pertanto il titolare del diritto di abitazione può mantenere quel diritto anche se ha domicilio diverso dall'abitazione in cui ha quel diritto.