Quando il lavoro edile non è stato eseguito a regola d’arte o ci sono delle difformità rispetto agli accordi (scritti o verbali), il committente ha la possibilità di pretendere dall’appaltatore che elimini i vizi o le difformità.
Se si tratta di difformità o di vizi facilmente visibile e non nascoste (ad esempio le piastrelle non perfettamente in riga, una parete storta o una pittura con delle macchie) è necessari che questi contesti subito i vizi; lo deve cioè fare al momento della consegna dell’opera. Se non lo fa, non potrà più far valere tali difetti o difformità a meno che non dimostri che l’appaltatore aveva dolosamente nascosto i suddetti vizi .
Se invece si tratta di difformità o di vizi non facilmente visibili e nascoste (ad esempio delle tubature che perdono, un impianto elettrico non a norma, delle finestre che presentano delle fessure da cui passa l’aria fredda, degli errori di progettazione che determinato infiltrazioni di acqua piovana e macchie di umidità) il committente ha 60 giorni di tempo dalla scoperta di tale errori per denunciarli all’appaltatore. Si può farlo inviando una lettera del seguente tenore.
Non basta però rispettare il termine di 60 giorni. È anche necessario avviare la causa contro l’appaltatore entro due anni dal giorno della consegna dell’opera. In alternativa, il committente potrebbe non pagare il corrispettivo o pagarne solo la parte dovuta per le opere. La ditta ha 10 anni di tempo per agire per il recupero del proprio credito, ma in tal caso il committente, difendendosi, potrà eccepire gli errori di costruzione. A questo riguardo potrà sollevare tale eccezione anche se sono decorsi i 2 anni dalla consegna dell’opera, a condizione però che abbia rispettato il termine dei 60 giorni per la denuncia dei difetti di costruzione.
Poi fai come vuoi.