Ottavio Locatelli
Nuovo Iscritto
sergio 46, la legge parla chiaro non vi sono ombra di dubbi, se passi dalle mie parti vieni a trovarmi e sarò felice di dimostrarti il perche di tante cose, il perche di certi astteggiamenti e non, faccio l'agente immobiliare da troppo tempo (l'ufficio è aperto da due generazioni) e posso anche permettermi di giudicare essendo persona onesta e a conoscenza della legge.
se ne hai voglia ti invito a leggere quanto scrivo sotto (fonte F.I.A.I.P)
QUANDO SORGE IL DIRITTO ALLA PROVVIGIONE
In materia di mediazione immobiliare perché sorga il diritto alla provvigione è necessario che l'affare sia stato concluso e che la sua conclusione sia in rapporto con l'opera svolta dal mediatore, anche se detta attività sia consistita nella semplice attività di reperimento e di indicazione dell'altro contraente o nella segnalazione dell'affare, fermo restando, tuttavia, che questa deve costituire il risultato utile della ricerca effettuata, successivamente valorizzata dalle parti.
La Suprema Corte, invero, ha avuto modo di osservare che “Ai sensi dell'art. 1754 cod. civ. si qualifica mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, risultando idonea al fine del riconoscimento del diritto alla provvigione anche l'esplicazione della semplice attività consistente nella ricerca ed indicazione dell'altro contraente o nella segnalazione dell'affare, non rilevando, a tale scopo, che il mediatore debba partecipare attivamente anche alle successive trattative. In altri termini, per il diritto del mediatore al compenso, non è determinante un suo intervento in tutte le fasi delle trattative sino all'accordo definitivo, essendo sufficiente che la conclusione dell'affare possa ricollegarsi all'opera da lui svolta per l'avvicinamento dei contraenti, con la conseguenza che anche la mera attività indirizzata al reperimento dell'altro contraente ovvero all'indicazione specifica dell'affare legittima il diritto alla provvigione, sempre che, però, tale attività costituisca il risultato utile della condotta posta in essere dal mediatore stesso e poi valorizzata dalle parti“ (Cass. civ., Sez. III, 20/12/2005, n. 28231).
Diversamente, dalla semplice comunicazione al venditore delle generalità ovvero dell'indirizzo di una persona, verosimilmente, interessata ad acquistare non si discende l'esistenza di un rapporto di mediazione e, quindi, non sorge alcun diritto a percepire la provvigione. Secondo un principio, ormai, consolidato, sia in dottrina che in giurisprudenza, la nozione di affare va intesa in senso ampio, intendendosi per tale qualsiasi operazione che comporti un'utilità economica (per tutte Cass. civ., Sez. II, 12/04/2006, n. 8555); quindi, nozione di contenuto più ampio rispetto quello di contratto e, come tale, riferibile non solamente, al momento conclusivo di un contratto vero e proprio, essendo sufficiente, “... al fine di riconoscere al mediatore il diritto alla provvigione, l'affare deve ritenersi concluso quando, tra le parti, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per il risarcimento del danno ... “ (Trib. Monza, Sez. IV, 24/11/2005).
In buona sostanza, perché sorga il diritto alla provvigione è necessaria la conclusione di un affare, ovvero quando tra le parti che il mediatore ha posto in relazione si sia costituito un vincolo giuridico che abilita ciascuna di esse ad agire, per esempio, per l'esecuzione del negozio giuridico ovvero, per il risarcimento del danno.
Ne consegue che, laddove la parti si siano limitate a raggiungere un accordo di massima, si pensi ad una dichiarazione di intenti, e si siano riservate di stipulare, successivamente, un vero e proprio contratto, non si può affermare che l'affare sia stato concluso e, quindi, la provvigione non spetta.
A questo punto ci si domanda se una proposta irrevocabile di acquisto, successivamente, accettata coincida con il momento conclusivo dell'affare e se da essa possa derivare il diritto alla provvigione. La risposta non può che essere negativa se tale proposta costituisce una semplice minuta o puntuazione di contratto, nel senso che se essa non è idonea, quanto al suo contenuto, a produrre effetti vincolanti.
Discorso diverso va fatto quando la proposta di acquisto contenga, oltre alla descrizione dell'immobile, l'indicazione del prezzo, le modalità di pagamento, la data della stipula del contatto preliminare e di quello definitivo, la data di consegna dell'immobile. In tale ipotesi è stato osservato che “…la proposta di acquisto fatta dal… per il tramite dell'agenzia ed accettata dalla… contiene l'indicazione del prezzo, delle modalità di pagamento, della data di stipula del contratto definitivo e della consegna dell'immobile all'acquirente, derivandone che le parti hanno posto in essere tutti gli elementi occorrenti ai fini della conclusione dell'affare ai sensi dell'art. 1755 c.c. e, sebbene non lo dica in modo espresso, hanno in definitiva stipulato un contratto preliminare di vendita…” (Cass. Civ., Sez. III, 14/07/2004, n.13067).
Si legge, ancora, nella sentenza citata : “E' ben vero che, come risulta dalla sentenza impugnata, il documento indica la data della stipula del contratto preliminare innanzi al notaio, ma tanto non vale ad escludere che l'accordo intanto raggiunto costituisca esso medesimo questa figura contrattuale ed in proposito si considera che, se nello svolgimento della loro attività negoziale le parti abbiano posto in essere gli elementi del contratto preliminare, il fatto che, come nella specie, concordino di stipulare innanzi a notaio lo stesso contratto non implica che non lo abbiano già concluso e significa soltanto che intendono riprodurlo per dargli una veste più sicura senza esprimere una nuova volontà”.
Per completezza di esposizione, val la pena di riportare una diversa recente pronuncia del Tribunale Civile di Modena (30/05/2006): “Non ha diritto alla provvigione chi abbia messo in contatto due soggetti in vista della conclusione di un contratto di compravendita, qualora il modulo contenente la proposta irrevocabile di vendita, ancorché seguito da altro e conforme modulo contenente la proposta irrevocabile di acquisto, preveda che le parti debbano stipulare un contratto preliminare e successivamente il contratto definitivo, laddove il termine di efficacia della proposta sia spirato inutilmente, senza che si siano perfezionati né il preliminare, né il definitivo. (Infatti, il procedimento di formazione del contratto per definizione è connotato da una progressiva accentuazione del vincolo tra le parti, mentre nel caso di specie, se si riporta al momento della formulazione della proposta irrevocabile la conclusione dell'affare, come sostenuto dalla convenuta, si finisce per operare in senso opposto, avendo previsto le parti il ricorso al preliminare, quindi, ad una fattispecie di tipo meramente obbligatorio, e poi al definitivo. Ciò preclude all'interprete di ritenere che l'incontro delle due proposte abbia integrato la conclusione di un contratto definitivo, come se fosse intervenuta accettazione della proposta irrevocabile)”.
Possiamo, quindi, concludere, che la proposta irrevocabile (art. 1329 c.c) che contenga tutti gli elementi essenziali del contratto da concludere, ne consente la conclusione nel momento e per effetto della adesione dell'altra parte, senza necessità di ulteriori pattuizioni, mentre, in mancanza di tali elementi essa assume il carattere di un mero accordo preparatorio destinato ad inserirsi nell'iter formativo del futuro contratto con l'effetto di fissarne solo gli elementi già concordati.
Il che significa che, nella prima ipotesi, l'affare, ai fini provvigionali, può ritenersi concluso al momento dell'accettazione della proposta, mentre, nella seconda ipotesi, esso si considererà concluso al momento della stipulazione del futuro contratto, anche solo preliminare. Infine, alcune notazioni finali: non sorge il diritto a percepire il compenso provvigionale nell'ipotesi che il mediatore abbia avviato delle trattative personali ovvero è lui che fa l'operazione
se ne hai voglia ti invito a leggere quanto scrivo sotto (fonte F.I.A.I.P)
QUANDO SORGE IL DIRITTO ALLA PROVVIGIONE
In materia di mediazione immobiliare perché sorga il diritto alla provvigione è necessario che l'affare sia stato concluso e che la sua conclusione sia in rapporto con l'opera svolta dal mediatore, anche se detta attività sia consistita nella semplice attività di reperimento e di indicazione dell'altro contraente o nella segnalazione dell'affare, fermo restando, tuttavia, che questa deve costituire il risultato utile della ricerca effettuata, successivamente valorizzata dalle parti.
La Suprema Corte, invero, ha avuto modo di osservare che “Ai sensi dell'art. 1754 cod. civ. si qualifica mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, risultando idonea al fine del riconoscimento del diritto alla provvigione anche l'esplicazione della semplice attività consistente nella ricerca ed indicazione dell'altro contraente o nella segnalazione dell'affare, non rilevando, a tale scopo, che il mediatore debba partecipare attivamente anche alle successive trattative. In altri termini, per il diritto del mediatore al compenso, non è determinante un suo intervento in tutte le fasi delle trattative sino all'accordo definitivo, essendo sufficiente che la conclusione dell'affare possa ricollegarsi all'opera da lui svolta per l'avvicinamento dei contraenti, con la conseguenza che anche la mera attività indirizzata al reperimento dell'altro contraente ovvero all'indicazione specifica dell'affare legittima il diritto alla provvigione, sempre che, però, tale attività costituisca il risultato utile della condotta posta in essere dal mediatore stesso e poi valorizzata dalle parti“ (Cass. civ., Sez. III, 20/12/2005, n. 28231).
Diversamente, dalla semplice comunicazione al venditore delle generalità ovvero dell'indirizzo di una persona, verosimilmente, interessata ad acquistare non si discende l'esistenza di un rapporto di mediazione e, quindi, non sorge alcun diritto a percepire la provvigione. Secondo un principio, ormai, consolidato, sia in dottrina che in giurisprudenza, la nozione di affare va intesa in senso ampio, intendendosi per tale qualsiasi operazione che comporti un'utilità economica (per tutte Cass. civ., Sez. II, 12/04/2006, n. 8555); quindi, nozione di contenuto più ampio rispetto quello di contratto e, come tale, riferibile non solamente, al momento conclusivo di un contratto vero e proprio, essendo sufficiente, “... al fine di riconoscere al mediatore il diritto alla provvigione, l'affare deve ritenersi concluso quando, tra le parti, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per il risarcimento del danno ... “ (Trib. Monza, Sez. IV, 24/11/2005).
In buona sostanza, perché sorga il diritto alla provvigione è necessaria la conclusione di un affare, ovvero quando tra le parti che il mediatore ha posto in relazione si sia costituito un vincolo giuridico che abilita ciascuna di esse ad agire, per esempio, per l'esecuzione del negozio giuridico ovvero, per il risarcimento del danno.
Ne consegue che, laddove la parti si siano limitate a raggiungere un accordo di massima, si pensi ad una dichiarazione di intenti, e si siano riservate di stipulare, successivamente, un vero e proprio contratto, non si può affermare che l'affare sia stato concluso e, quindi, la provvigione non spetta.
A questo punto ci si domanda se una proposta irrevocabile di acquisto, successivamente, accettata coincida con il momento conclusivo dell'affare e se da essa possa derivare il diritto alla provvigione. La risposta non può che essere negativa se tale proposta costituisce una semplice minuta o puntuazione di contratto, nel senso che se essa non è idonea, quanto al suo contenuto, a produrre effetti vincolanti.
Discorso diverso va fatto quando la proposta di acquisto contenga, oltre alla descrizione dell'immobile, l'indicazione del prezzo, le modalità di pagamento, la data della stipula del contatto preliminare e di quello definitivo, la data di consegna dell'immobile. In tale ipotesi è stato osservato che “…la proposta di acquisto fatta dal… per il tramite dell'agenzia ed accettata dalla… contiene l'indicazione del prezzo, delle modalità di pagamento, della data di stipula del contratto definitivo e della consegna dell'immobile all'acquirente, derivandone che le parti hanno posto in essere tutti gli elementi occorrenti ai fini della conclusione dell'affare ai sensi dell'art. 1755 c.c. e, sebbene non lo dica in modo espresso, hanno in definitiva stipulato un contratto preliminare di vendita…” (Cass. Civ., Sez. III, 14/07/2004, n.13067).
Si legge, ancora, nella sentenza citata : “E' ben vero che, come risulta dalla sentenza impugnata, il documento indica la data della stipula del contratto preliminare innanzi al notaio, ma tanto non vale ad escludere che l'accordo intanto raggiunto costituisca esso medesimo questa figura contrattuale ed in proposito si considera che, se nello svolgimento della loro attività negoziale le parti abbiano posto in essere gli elementi del contratto preliminare, il fatto che, come nella specie, concordino di stipulare innanzi a notaio lo stesso contratto non implica che non lo abbiano già concluso e significa soltanto che intendono riprodurlo per dargli una veste più sicura senza esprimere una nuova volontà”.
Per completezza di esposizione, val la pena di riportare una diversa recente pronuncia del Tribunale Civile di Modena (30/05/2006): “Non ha diritto alla provvigione chi abbia messo in contatto due soggetti in vista della conclusione di un contratto di compravendita, qualora il modulo contenente la proposta irrevocabile di vendita, ancorché seguito da altro e conforme modulo contenente la proposta irrevocabile di acquisto, preveda che le parti debbano stipulare un contratto preliminare e successivamente il contratto definitivo, laddove il termine di efficacia della proposta sia spirato inutilmente, senza che si siano perfezionati né il preliminare, né il definitivo. (Infatti, il procedimento di formazione del contratto per definizione è connotato da una progressiva accentuazione del vincolo tra le parti, mentre nel caso di specie, se si riporta al momento della formulazione della proposta irrevocabile la conclusione dell'affare, come sostenuto dalla convenuta, si finisce per operare in senso opposto, avendo previsto le parti il ricorso al preliminare, quindi, ad una fattispecie di tipo meramente obbligatorio, e poi al definitivo. Ciò preclude all'interprete di ritenere che l'incontro delle due proposte abbia integrato la conclusione di un contratto definitivo, come se fosse intervenuta accettazione della proposta irrevocabile)”.
Possiamo, quindi, concludere, che la proposta irrevocabile (art. 1329 c.c) che contenga tutti gli elementi essenziali del contratto da concludere, ne consente la conclusione nel momento e per effetto della adesione dell'altra parte, senza necessità di ulteriori pattuizioni, mentre, in mancanza di tali elementi essa assume il carattere di un mero accordo preparatorio destinato ad inserirsi nell'iter formativo del futuro contratto con l'effetto di fissarne solo gli elementi già concordati.
Il che significa che, nella prima ipotesi, l'affare, ai fini provvigionali, può ritenersi concluso al momento dell'accettazione della proposta, mentre, nella seconda ipotesi, esso si considererà concluso al momento della stipulazione del futuro contratto, anche solo preliminare. Infine, alcune notazioni finali: non sorge il diritto a percepire il compenso provvigionale nell'ipotesi che il mediatore abbia avviato delle trattative personali ovvero è lui che fa l'operazione