Mia riallaccio alle elezioni...
In questi giorni, è uscita nelle sale italiane il film di Steven Spielberg, Lincoln, la storia del 16° Presidente degli Stati Uniti D’America. Gli americani sono bravissimi nel trattare le loro questioni nazionali che non mancano di creare un'aurea di mito ma, ugualmente, non tralasciano il cinismo che ne sta alla base. Lincoln è ricordato nei libri e nell’immaginario collettivo mondiale per aver combattuto il regime di schiavitù del Sud. Tuttavia, non si trattò, tanto ed esclusivamente, di un fatto umanitario ma di una necessità strategica, politica ed economica dei suoi tempi.
Nella pellicola di Spielberg emerge l’elemento economico, quello dello svantaggio competitivo del Nord che non può usufruire di mandopera gratis come nel Sud (cosa che ostacola la costituzione di rapporti sociali e produttivi pienamente capitalistici), mentre è carente quello politico (l’impellenza di recidere la dipendenza geopolitica dall’Inghilterra). Tuttavia, ciò che non difetta è la descrizione dei mezzi, poco ortodossi, di cui Lincoln si serve per raggiungere i suoi legittimi e progressivi (per tutta la società americana, anche per quella parte che gli è nemica) obiettivi. Il Presidente corrompe i congressisti dell’opposizone, ne compra i voti promettendo incarichi e prebende, tutto pur di far approvare il XIII emendamento contro la schiavitù. Insomma, il capo dei Repubblicani esaurisce i suoi scopi grazie al "mercato" dei parlamentari, per mezzo di corruzione e regalie. Immagino che anche laddove detto stratagemma fosse fallito egli sarebbe ricorso a sistemi ancor più persuasivi…
Se Oltreatlantico, in quelle contingenze, fosse vissuto un avo di Marco Travaglio, probabilmente costui avrebbe chiesto l’immediata messa in stato d’accusa del Presidente, con l’invocazione ai giudici di una pena esemplare al fine di rieducare il malfattore.