Estratto:
Cassazione civile, Seconda Sezione, sent. n. 15360 del 6 dicembre 2001
Posto il principio generale dell'obbligatorietà delle deliberazioni assembleari per tutti i condomini, anche dissenzienti, il legislatore ha disciplinato specifiche ipotesi di dissenso - quali quella rispetto alle innovazioni gravose o voluttuarie (art. 1121 CC) e quella rispetto alle liti (art. 1132 CC) - con norme di carattere derogatorio e, quindi, eccezionale, che, in quanto tali, non possono trovare applicazione se non alle particolari situazioni con le stesse regolate né sono suscettibili d'interpretazione estensiva.
In ispecie, l'operatività dell'art. 1132 CC è limitata al solo rapporto tra condominio e condomino dissenziente - nell'ambito del quale rapporto la norma non va, comunque, oltre l'esonero del dissenziente dall'onere di partecipare alla rifusione delle spese del giudizio in favore della controparte nel caso d'esito della lite sfavorevole per il condominio, lasciandone tuttavia immutato l'onere di partecipare alle spese affrontate dal condominio per la propria difesa ove risultino irripetibili dalla controparte nell'inverso caso d'esito della lite favorevole per il condominio - mentre rimane regolato dalla normativa generale sulle obbligazioni solidali il rapporto tra la controparte del condominio e ciascun singolo condomino - anche il dissenziente, cui è solo riconosciuto il diritto di rivalsa - nei cui confronti si possono riverberare le conseguenze sfavorevoli della lite in caso di soccombenza del condominio. Ond'è che non può fondatamente parlarsi di scissione del condominio tra assenzienti e dissenzienti se non in senso limitato e relativo e, tanto meno, di "estraneazione" dei secondi rispetto alla lite, dal momento che per più versi le conseguenze di quest'ultima, favorevole o meno che ne sia l'esito per il condominio, possono ridondare a loro danno e ciò giustifica il loro persistente interesse all'evoluzione della controversia pur dopo la manifestazione del dissenso. In difetto, dunque, d'una specifica disposizione che, nella noma in esame, inibisca la partecipazione del condomino dichiaratosi dissenziente rispetto alla lite alle successive deliberazioni assembleari concernenti il prosieguo della controversia in sede giudiziaria, non può essere legittimamente disconosciuto il generale diritto del detto condomino di manifestare la propria volontà nell'assemblea e di concorrere, quindi, al pari degli altri e continuando a sostenere la propria originaria avversa opinione, alla formazione della volontà comune anche sullo specifico argomento dell'abbandono della lite. Né può utilmente dedursi al riguardo - pur nella riconosciuta estensibilità alla materia condominiale del disposto dell'art. 2373 CC, di portata generale in materia societaria ed applicabile a quella condominiale ricorrendone la eadem ratio - una astratta ipotesi di conflitto d'interessi, dacché questo va, per contro, dedotto in concreto e può essere riconosciuto solo ove risulti dimostrata una sicura divergenza tra specifiche ragioni personali di determinati singoli condomini, il cui voto abbia concorso a determinare la volontà della maggioranza assembleare, ed un parimenti specifico contrario interesse istituzionale del condominio
Una riflessione su quanto evidenziato in rosso.
Se un condomino che avesse espresso "dissenso alla lite" fosse effettivamente sollevato da qualsiasi spesa perchè totalmente estraniato dalla lite (quindi compresa quelle per il proprio legale diparte ....non avrebbe necesssità di partecipare alle successive assemblee esprimendo ancora il proprio voto (contrario).
Se la Corte Suprema ha sottolineato il permanere di tale diritto di partecipazione e voto l'ha fatto perchè il proseguire della causa nel tempo e nei vari gradi influisce certamente anche sulla spesa che lo stesso dovrà patire.
Cassazione civile, Seconda Sezione, sent. n. 15360 del 6 dicembre 2001
Posto il principio generale dell'obbligatorietà delle deliberazioni assembleari per tutti i condomini, anche dissenzienti, il legislatore ha disciplinato specifiche ipotesi di dissenso - quali quella rispetto alle innovazioni gravose o voluttuarie (art. 1121 CC) e quella rispetto alle liti (art. 1132 CC) - con norme di carattere derogatorio e, quindi, eccezionale, che, in quanto tali, non possono trovare applicazione se non alle particolari situazioni con le stesse regolate né sono suscettibili d'interpretazione estensiva.
In ispecie, l'operatività dell'art. 1132 CC è limitata al solo rapporto tra condominio e condomino dissenziente - nell'ambito del quale rapporto la norma non va, comunque, oltre l'esonero del dissenziente dall'onere di partecipare alla rifusione delle spese del giudizio in favore della controparte nel caso d'esito della lite sfavorevole per il condominio, lasciandone tuttavia immutato l'onere di partecipare alle spese affrontate dal condominio per la propria difesa ove risultino irripetibili dalla controparte nell'inverso caso d'esito della lite favorevole per il condominio - mentre rimane regolato dalla normativa generale sulle obbligazioni solidali il rapporto tra la controparte del condominio e ciascun singolo condomino - anche il dissenziente, cui è solo riconosciuto il diritto di rivalsa - nei cui confronti si possono riverberare le conseguenze sfavorevoli della lite in caso di soccombenza del condominio. Ond'è che non può fondatamente parlarsi di scissione del condominio tra assenzienti e dissenzienti se non in senso limitato e relativo e, tanto meno, di "estraneazione" dei secondi rispetto alla lite, dal momento che per più versi le conseguenze di quest'ultima, favorevole o meno che ne sia l'esito per il condominio, possono ridondare a loro danno e ciò giustifica il loro persistente interesse all'evoluzione della controversia pur dopo la manifestazione del dissenso. In difetto, dunque, d'una specifica disposizione che, nella noma in esame, inibisca la partecipazione del condomino dichiaratosi dissenziente rispetto alla lite alle successive deliberazioni assembleari concernenti il prosieguo della controversia in sede giudiziaria, non può essere legittimamente disconosciuto il generale diritto del detto condomino di manifestare la propria volontà nell'assemblea e di concorrere, quindi, al pari degli altri e continuando a sostenere la propria originaria avversa opinione, alla formazione della volontà comune anche sullo specifico argomento dell'abbandono della lite. Né può utilmente dedursi al riguardo - pur nella riconosciuta estensibilità alla materia condominiale del disposto dell'art. 2373 CC, di portata generale in materia societaria ed applicabile a quella condominiale ricorrendone la eadem ratio - una astratta ipotesi di conflitto d'interessi, dacché questo va, per contro, dedotto in concreto e può essere riconosciuto solo ove risulti dimostrata una sicura divergenza tra specifiche ragioni personali di determinati singoli condomini, il cui voto abbia concorso a determinare la volontà della maggioranza assembleare, ed un parimenti specifico contrario interesse istituzionale del condominio
Una riflessione su quanto evidenziato in rosso.
Se un condomino che avesse espresso "dissenso alla lite" fosse effettivamente sollevato da qualsiasi spesa perchè totalmente estraniato dalla lite (quindi compresa quelle per il proprio legale diparte ....non avrebbe necesssità di partecipare alle successive assemblee esprimendo ancora il proprio voto (contrario).
Se la Corte Suprema ha sottolineato il permanere di tale diritto di partecipazione e voto l'ha fatto perchè il proseguire della causa nel tempo e nei vari gradi influisce certamente anche sulla spesa che lo stesso dovrà patire.