Amministratore condominiale anche sotto forma di società di capitali
Una datata sentenza (vecchia ma saggia) della Cassazione ( n. 5608 /1994) aveva escluso che la figura di amministratore condominiale potesse essere rivestita da una società di capitali (SrL. Spa, Saa ) nella condivisibile considerazione che fra i condomini e il loro legale rappresentate dovesse sussistere un rapporto fiduciario personale, il cosiddetto " Intuitu personae ", come tale intrasmissibile . Forzando un po’ la mano la Cassazione ebbe ad ammettere che tale rapporto fiduciario poteva sussistere se l’ amministrazione condominiale ( oltre che a un professionista ) fosse stata assegnata ad una società di persone (società semplice ,società in nome collettivo, società in accomandita semplice ) ammettendo in questo caso condizioni di trasparenza ed identità tra il legale rappresentante e la società a base personale . Tale interpretazione ha retto per giù di due lustri-
La Cassazione allentava ulteriormente le maglie interpretative e con una successiva sentenza ( 22840/2006) apriva alla società di capitale la possibilità di amministrare condomini nel presupposto che tale organizzazione capitalista potesse disporre di maggiori risorse che meglio avrebbero consentito investimenti e rafforzato la struttura economica dell’ente gestore .
Detta ultima pronuncia venne mal digerita da parte di molti studiosi che ritennero e ritengono la società di capitali estranea a quei principi fondamentali che vedono nel rapporto fiduciario personale il collante indispensabile tra condomini e amministratore . A supporto delle proprie ragioni denunciano che nelle società di capitali ( a differenza delle società di persone ) il rapporto “intuitu personea “ subisce uno stravolgimento data la astrattezza della società di capitali che nella sua impersonalità può rimanere pienamente vigente anche se subisce radicali trasformazioni interne (es: se l’organo amministrativo viene periodicamente sostituito ; se le partecipazioni vengono scambiate mutando i rapporti di potere della compagine societaria ). Fra l’altro in questi casi , denunciano gli studiosi, l’art. 1710 viene svuotato di significato che invece sulla carta dovrebbe trovare piena applicazione laddove prevede che il mandatario (alias amministratore condominiale ) deve eseguire il proprio incarico «con la diligenza del buon padre di famiglia» , norma che bene si combina se il rappresentante del condominio si identifica con una persona fisica stabile , e viceversa male si associa ad una gestione imprenditoriale quale è per definizione quella di una società di capitali .
Ad ogni buon conto la riforma ha fatto propria l ’ultima versione giurisprudenziale tal che la gestione del condominio può essere affidata anche a società di capitali . Ne tratta l'articolo 71-bis , 3 comma delle Disposizioni di attuazione del Codice civile . La norma che pure prevede a garanzia che i rappresentanti e i soggetti deputati alla gestione debbano possedere i requisiti soggettivi (sottoelencati ) necessari alle persone fisiche per svolgere l’attività di Amministratore Condominiale lascia inalterato il timore che cambi interni alla società possano snaturare quel rapporto personale che è alla base della scelta perpetrata dai condomini .
Ennio Alessandro Rossi
Appendice normativa : Art. 71-bis. D.att.c.c. ( requisiti per svolgere l’attività di Amministratore condominiale )
1.Possono svolgere l'incarico di amministratore di condominio coloro:
a) che hanno il godimento dei diritti civili;
b) che non sono stati condannati per delitti contro la pubblica amministrazione, l'amministrazione della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio o per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commina la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e, nel massimo, a cinque anni;
c) che non sono stati sottoposti a misure di prevenzione divenute definitive, salvo che non sia intervenuta la riabilitazione;
d) che non sono interdetti o inabilitati;
e) il cui nome non risulta annotato nell'elenco dei protesti cambiari;
f) che hanno conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado;
g) che hanno frequentato un corso di formazione iniziale e svolgono attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale.
2.I requisiti di cui alle lettere f) e g) del primo comma non sono necessari qualora l'amministratore sia nominato tra i condomini dello stabile.
3.Possono svolgere l'incarico di amministratore di condominio anche società di cui al titolo V del libro V del codice. In tal caso, i requisiti devono essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condominii a favore dei quali la società presta i servizi.
4.La perdita dei requisiti di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del primo comma comporta la cessazione dall'incarico. In tale evenienza ciascun condomino può convocare senza formalità l'assemblea per la nomina del nuovo amministratore.
5.A quanti hanno svolto attività di amministrazione di condominio per almeno un anno, nell'arco dei tre anni precedenti alla data di entrata in vigore della presente disposizione, è consentito lo svolgimento dell'attività di amministratore anche in mancanza dei requisiti di cui alle lettere f) e g) del primo comma. Resta salvo l'obbligo di formazione periodica.
Una datata sentenza (vecchia ma saggia) della Cassazione ( n. 5608 /1994) aveva escluso che la figura di amministratore condominiale potesse essere rivestita da una società di capitali (SrL. Spa, Saa ) nella condivisibile considerazione che fra i condomini e il loro legale rappresentate dovesse sussistere un rapporto fiduciario personale, il cosiddetto " Intuitu personae ", come tale intrasmissibile . Forzando un po’ la mano la Cassazione ebbe ad ammettere che tale rapporto fiduciario poteva sussistere se l’ amministrazione condominiale ( oltre che a un professionista ) fosse stata assegnata ad una società di persone (società semplice ,società in nome collettivo, società in accomandita semplice ) ammettendo in questo caso condizioni di trasparenza ed identità tra il legale rappresentante e la società a base personale . Tale interpretazione ha retto per giù di due lustri-
La Cassazione allentava ulteriormente le maglie interpretative e con una successiva sentenza ( 22840/2006) apriva alla società di capitale la possibilità di amministrare condomini nel presupposto che tale organizzazione capitalista potesse disporre di maggiori risorse che meglio avrebbero consentito investimenti e rafforzato la struttura economica dell’ente gestore .
Detta ultima pronuncia venne mal digerita da parte di molti studiosi che ritennero e ritengono la società di capitali estranea a quei principi fondamentali che vedono nel rapporto fiduciario personale il collante indispensabile tra condomini e amministratore . A supporto delle proprie ragioni denunciano che nelle società di capitali ( a differenza delle società di persone ) il rapporto “intuitu personea “ subisce uno stravolgimento data la astrattezza della società di capitali che nella sua impersonalità può rimanere pienamente vigente anche se subisce radicali trasformazioni interne (es: se l’organo amministrativo viene periodicamente sostituito ; se le partecipazioni vengono scambiate mutando i rapporti di potere della compagine societaria ). Fra l’altro in questi casi , denunciano gli studiosi, l’art. 1710 viene svuotato di significato che invece sulla carta dovrebbe trovare piena applicazione laddove prevede che il mandatario (alias amministratore condominiale ) deve eseguire il proprio incarico «con la diligenza del buon padre di famiglia» , norma che bene si combina se il rappresentante del condominio si identifica con una persona fisica stabile , e viceversa male si associa ad una gestione imprenditoriale quale è per definizione quella di una società di capitali .
Ad ogni buon conto la riforma ha fatto propria l ’ultima versione giurisprudenziale tal che la gestione del condominio può essere affidata anche a società di capitali . Ne tratta l'articolo 71-bis , 3 comma delle Disposizioni di attuazione del Codice civile . La norma che pure prevede a garanzia che i rappresentanti e i soggetti deputati alla gestione debbano possedere i requisiti soggettivi (sottoelencati ) necessari alle persone fisiche per svolgere l’attività di Amministratore Condominiale lascia inalterato il timore che cambi interni alla società possano snaturare quel rapporto personale che è alla base della scelta perpetrata dai condomini .
Ennio Alessandro Rossi
Appendice normativa : Art. 71-bis. D.att.c.c. ( requisiti per svolgere l’attività di Amministratore condominiale )
1.Possono svolgere l'incarico di amministratore di condominio coloro:
a) che hanno il godimento dei diritti civili;
b) che non sono stati condannati per delitti contro la pubblica amministrazione, l'amministrazione della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio o per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commina la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e, nel massimo, a cinque anni;
c) che non sono stati sottoposti a misure di prevenzione divenute definitive, salvo che non sia intervenuta la riabilitazione;
d) che non sono interdetti o inabilitati;
e) il cui nome non risulta annotato nell'elenco dei protesti cambiari;
f) che hanno conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado;
g) che hanno frequentato un corso di formazione iniziale e svolgono attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale.
2.I requisiti di cui alle lettere f) e g) del primo comma non sono necessari qualora l'amministratore sia nominato tra i condomini dello stabile.
3.Possono svolgere l'incarico di amministratore di condominio anche società di cui al titolo V del libro V del codice. In tal caso, i requisiti devono essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condominii a favore dei quali la società presta i servizi.
4.La perdita dei requisiti di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del primo comma comporta la cessazione dall'incarico. In tale evenienza ciascun condomino può convocare senza formalità l'assemblea per la nomina del nuovo amministratore.
5.A quanti hanno svolto attività di amministrazione di condominio per almeno un anno, nell'arco dei tre anni precedenti alla data di entrata in vigore della presente disposizione, è consentito lo svolgimento dell'attività di amministratore anche in mancanza dei requisiti di cui alle lettere f) e g) del primo comma. Resta salvo l'obbligo di formazione periodica.