Buongiorno.
Vi espongo quanto successo ad una cliente per capire se qualcuno mi può aiutare.
Riepilogo i fatti: a settembre 23 la signora ha venduto una piccola palazzina di 3 unità immobiliari uso ufficio ad una società per l’importo di 325 mila euro.
Fatto il rogito dal notaio.
Passato 1 anno, lo scorso settembre ’24 riceve una prima comunicazione dall’Agenzia delle Entrate con un questionario relativo alla determinazione del prezzo che secondo loro non era congruo.
La signora invia la documentazione in possesso spiegando che gli uffici erano sfitti dal 2011 (con l’ultimo inquilino sfrattato per mancati pagamenti) e da allora erano in stati messi in vendita senza alcun successo sino a settembre 2023 (e senza alcun inquilino in questi 12 anni).
Ora è arrivata una nuova raccomandata con lo Schema d’Atto che dovrebbe essere una sorta di anticipazione dell’avviso di accertamento.
Considerano i valori Omi e quelli del Borsino Immobiliare per superficie ragguagliata, i valori dei canoni di locazione e di compravendita per i metri quadri della superficie lorda (che danno due valori complessivi differenti)
Poi utilizzano il metodo finanziario e il procedimento di capitalizzazione diretta (a dir loro questo procedimento di stima converte in modo diretto il canone di mercato annuale nel valore di mercato dell’immobile dividendo il reddito annuo per un saggio di capitalizzazione coerente con la zona e la tipologia dell’immobile) cui viene aggiunto cui viene aggiunto il risk premium.
L’ho fatta breve, loro hanno mandato una missiva di 14 pagine (!!) .
In sostanza il valore per loro doveva essere di 659 mila quindi chiedono la differenza dell’imposta di registro dai 325 ai 659 mila (circa 30 mila euro) a cui aggiungono analogo importo per la sanzione.
Detta richiesta è stata fatta anche alla parte acquirente (che è una società).
Ora la signora (parte venditrice) e la società (parte acquirente) – che non si conoscevano prima della compravendita – hanno 60 giorni di tempo per riscontrare.
Cosa si può produrre per far capire che il prezzo pagato era in linea con la richiesta del mercato; 12 anni di locali sfitti secondo loro era solo per pigrizia o inettitudine dell’agenzia alla vendita? Oltretutto la tassa di registro dell’atto sarebbe di competenza della parte acquirente non di quella venditrice; pagando quanto richiesto, non sarebbe come ammettere di aver preso metà dell’importo senza dichiararlo? Cioè, cornuta e mazziata?
Non mi era mai capitata una cosa simile; ma secondo voi il notaio rogante non avrebbe dovuto mettere in guardia le parti che i valori potevano venir contestati dall’Agenzia delle Entrate? Magari aggiungendo qualche frase o qualche motivazione per cui il prezzo risultava “basso”?
La signora (che oltretutto ha quasi 90 anni) è molto preoccupata e agitata, a ben donde.
Più che consigliarla di rivolgersi ad un avvocato tributarista non saprei che dirle.
A qualcuno è mai capitato? Che si può fare?
Grazie dei consigli.
Vi espongo quanto successo ad una cliente per capire se qualcuno mi può aiutare.
Riepilogo i fatti: a settembre 23 la signora ha venduto una piccola palazzina di 3 unità immobiliari uso ufficio ad una società per l’importo di 325 mila euro.
Fatto il rogito dal notaio.
Passato 1 anno, lo scorso settembre ’24 riceve una prima comunicazione dall’Agenzia delle Entrate con un questionario relativo alla determinazione del prezzo che secondo loro non era congruo.
La signora invia la documentazione in possesso spiegando che gli uffici erano sfitti dal 2011 (con l’ultimo inquilino sfrattato per mancati pagamenti) e da allora erano in stati messi in vendita senza alcun successo sino a settembre 2023 (e senza alcun inquilino in questi 12 anni).
Ora è arrivata una nuova raccomandata con lo Schema d’Atto che dovrebbe essere una sorta di anticipazione dell’avviso di accertamento.
Considerano i valori Omi e quelli del Borsino Immobiliare per superficie ragguagliata, i valori dei canoni di locazione e di compravendita per i metri quadri della superficie lorda (che danno due valori complessivi differenti)
Poi utilizzano il metodo finanziario e il procedimento di capitalizzazione diretta (a dir loro questo procedimento di stima converte in modo diretto il canone di mercato annuale nel valore di mercato dell’immobile dividendo il reddito annuo per un saggio di capitalizzazione coerente con la zona e la tipologia dell’immobile) cui viene aggiunto cui viene aggiunto il risk premium.
L’ho fatta breve, loro hanno mandato una missiva di 14 pagine (!!) .
In sostanza il valore per loro doveva essere di 659 mila quindi chiedono la differenza dell’imposta di registro dai 325 ai 659 mila (circa 30 mila euro) a cui aggiungono analogo importo per la sanzione.
Detta richiesta è stata fatta anche alla parte acquirente (che è una società).
Ora la signora (parte venditrice) e la società (parte acquirente) – che non si conoscevano prima della compravendita – hanno 60 giorni di tempo per riscontrare.
Cosa si può produrre per far capire che il prezzo pagato era in linea con la richiesta del mercato; 12 anni di locali sfitti secondo loro era solo per pigrizia o inettitudine dell’agenzia alla vendita? Oltretutto la tassa di registro dell’atto sarebbe di competenza della parte acquirente non di quella venditrice; pagando quanto richiesto, non sarebbe come ammettere di aver preso metà dell’importo senza dichiararlo? Cioè, cornuta e mazziata?
Non mi era mai capitata una cosa simile; ma secondo voi il notaio rogante non avrebbe dovuto mettere in guardia le parti che i valori potevano venir contestati dall’Agenzia delle Entrate? Magari aggiungendo qualche frase o qualche motivazione per cui il prezzo risultava “basso”?
La signora (che oltretutto ha quasi 90 anni) è molto preoccupata e agitata, a ben donde.
Più che consigliarla di rivolgersi ad un avvocato tributarista non saprei che dirle.
A qualcuno è mai capitato? Che si può fare?
Grazie dei consigli.