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Pausa Caffè
Svolta del partito consumista cinese : "Compagni, consumare è glorioso"
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<blockquote data-quote="ada1" data-source="post: 42681" data-attributes="member: 11146"><p>Anche se sui media occidentali se ne parla raramente, il regime politico cinese e la struttura del partito comunista cinese sono contestati da moltissimi cinesi in varie parti del paese, e moltissime manifestazioni spontanee -represse duramente- hanno luogo constantemente in Cina. E quello di cui si parla di tanto in tanto (tafferugli per il Tibet, messa in carcere di qualche attivista dei diritti umani, che non possono essere nascosti) è solo la punta dell'iceberg di cui le autorità cinesi sembrano oggi prendere timidamente atto dopo gli ultimi avvenimenti nei paesi arabi.</p><p>Questo pero' -a mio modesto avviso- non deve farci credere che tutto cambierà in Cina : concedere qualcosa di tanto in tanto non significa che molto cambierà per i cinesi di base perché sono sicura che il partito cinese "veglierà" a che i suoi sudditi non si credano tutto permesso.</p><p>Ma c'è un altro punto di cui l'articolo non parla e di cui dei giornali (ma non tutti), all'estero, hanno già fatto parte e cioé :</p><p>i ministeri cinesi delle Finanze e delle Scienze e Tecnologie + la Commissione Nazionale Cinese per le Riforme e lo Sviluppo hanno emanato a novembre 2009 una direttiva per l'attribuzione dei mercati pubblici per quanto riguarda dei settori tecnologici di alta qualità (quali, ad esempio, : informatica, comunicazione, nuove energie, efficacità energetica ).</p><p>Fin qui tutto bene se non che la direttiva stabiliva che questi prodotti -se vogliono essere accreditati in Cina- devono avere una proprietà intellettuale cinese ed la marca dovrà essere di origine cinese (="dovranno essere indipendeti da organizzazioni o privati stranieri"), cioé in pratica si dice alle società straniere (che hanno segreti professionali di produzione in salvaguardia della loro proprietà industriale) in quei settori presi in conto che esse non potranno partecipare ai mercati pubblici cinesi (essi rappresentavano nel 2009 ca 60 miliardi di euro); quindi tali mercati resteranno aperti solo alle imprese cinesi con il rischio di vedere esteso questo sistema ad altri settori economici in sviluppo.</p><p>Cosi' le imprese che in questi anni hanno delocalizzato attratti dal mitico mercato cinese rischiano di essere presi dal loro stesso giuoco e ritrovarsi senza sbocchi in Cina e senza il mercato tradizionale e mi stupirebbe che la Cina prenda in conto le proteste straniere ( americane, giapponesi , sud coreane e europee) : come al solito la reazione sarà "parlate pure, a casa mia faccio quello che mi pare e se voi volete continuare a vendere in Cina, anche voi finirete col fare quello che voglio io".</p><p>Non so' se le proteste hanno avuto un qualunque effetto per modificare in tutto o in parte questa direttiva ma a giudicare dalle reazioni ufficiali durante le visite all'estero su temi economici non credo che ci siano state avanzate, almeno io non ho trovato granché</p></blockquote><p></p>
[QUOTE="ada1, post: 42681, member: 11146"] Anche se sui media occidentali se ne parla raramente, il regime politico cinese e la struttura del partito comunista cinese sono contestati da moltissimi cinesi in varie parti del paese, e moltissime manifestazioni spontanee -represse duramente- hanno luogo constantemente in Cina. E quello di cui si parla di tanto in tanto (tafferugli per il Tibet, messa in carcere di qualche attivista dei diritti umani, che non possono essere nascosti) è solo la punta dell'iceberg di cui le autorità cinesi sembrano oggi prendere timidamente atto dopo gli ultimi avvenimenti nei paesi arabi. Questo pero' -a mio modesto avviso- non deve farci credere che tutto cambierà in Cina : concedere qualcosa di tanto in tanto non significa che molto cambierà per i cinesi di base perché sono sicura che il partito cinese "veglierà" a che i suoi sudditi non si credano tutto permesso. Ma c'è un altro punto di cui l'articolo non parla e di cui dei giornali (ma non tutti), all'estero, hanno già fatto parte e cioé : i ministeri cinesi delle Finanze e delle Scienze e Tecnologie + la Commissione Nazionale Cinese per le Riforme e lo Sviluppo hanno emanato a novembre 2009 una direttiva per l'attribuzione dei mercati pubblici per quanto riguarda dei settori tecnologici di alta qualità (quali, ad esempio, : informatica, comunicazione, nuove energie, efficacità energetica ). Fin qui tutto bene se non che la direttiva stabiliva che questi prodotti -se vogliono essere accreditati in Cina- devono avere una proprietà intellettuale cinese ed la marca dovrà essere di origine cinese (="dovranno essere indipendeti da organizzazioni o privati stranieri"), cioé in pratica si dice alle società straniere (che hanno segreti professionali di produzione in salvaguardia della loro proprietà industriale) in quei settori presi in conto che esse non potranno partecipare ai mercati pubblici cinesi (essi rappresentavano nel 2009 ca 60 miliardi di euro); quindi tali mercati resteranno aperti solo alle imprese cinesi con il rischio di vedere esteso questo sistema ad altri settori economici in sviluppo. Cosi' le imprese che in questi anni hanno delocalizzato attratti dal mitico mercato cinese rischiano di essere presi dal loro stesso giuoco e ritrovarsi senza sbocchi in Cina e senza il mercato tradizionale e mi stupirebbe che la Cina prenda in conto le proteste straniere ( americane, giapponesi , sud coreane e europee) : come al solito la reazione sarà "parlate pure, a casa mia faccio quello che mi pare e se voi volete continuare a vendere in Cina, anche voi finirete col fare quello che voglio io". Non so' se le proteste hanno avuto un qualunque effetto per modificare in tutto o in parte questa direttiva ma a giudicare dalle reazioni ufficiali durante le visite all'estero su temi economici non credo che ci siano state avanzate, almeno io non ho trovato granché [/QUOTE]
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